Emergenza Covid, il massimario della Cassazione analizza l'obbligo vaccinale e di green pass per i magistrati
L'accesso agli uffici giudiziari in violazione dell'obbligo di possesso del Green pass e la violazione degli obblighi di controllo integrano gli estremi di un illecito amministrativo
Con la relazione n.7/2022 l'Ufficio del Massimario e del Ruolo della Suprema Corte di Cassazione ha affrontato la questione riguardante l'obbligo vaccinale e di Green pass nel settore giustizia. Assai rilevante è l'individuazione delle conseguenze della violazione di tali obblighi da parte dei Magistrati. Ciò tenuto conto soprattutto del rilievo costituzionale della funzione giudiziaria e dell'autonomia organizzativa riconosciuta loro dalla Carta repubblicana che riserva al Consiglio superiore della Magistratura ogni determinazione in tema di eventuale "sospensione dal servizio" del Magistrato.
Magistrati infra-cinquantenni e magistrati ultra-cinquantenni
Ai fini dell'individuazione dell'obbligo occorre preliminarmente distinguere tra magistrati infra-cinquantenni e magistrati che abbiano già compiuto cinquanta anni. Per i primi continua ad operare l'obbligo di possesso del solo Green pass base fino al termine di cessazione dello stato di emergenza. Per la seconda categoria deve invece trovare applicazione l'obbligo di possesso del Green pass rafforzato che presuppone la vaccinazione o la guarigione. Molto complessa è l'individuazione delle conseguenze della violazione di tale obbligo, tenuto conto del rilievo costituzionale della funzione giudiziaria, dell'autonomia organizzativa riconosciuta dalla Costituzione che riserva al Consiglio superiore della Magistratura ogni determinazione in tema di sospensione dal servizio, delle modalità di svolgimento dell'attività giurisdizionale.
La perdita del diritto alla retribuzione
Va innanzitutto evidenziato che il mancato possesso o esibizione del Green pass, sia base che rafforzato, all'atto dell'accesso al luogo di lavoro, per espressa previsione legislativa viene qualificato, anche per i magistrati, come assenza ingiustificata e comporta la perdita del diritto alla retribuzione. L'assenza, come per tutte le categorie di lavoratori, avrà durata continuativa e ininterrotta a decorrere dal momento di verifica negativa del possesso della certificazione abilitante. Il criterio consente una applicazione uniforme della misura a tutti i magistrati, senza alcuna distinzione sulla base delle molteplici ed eterogenee funzioni da questi svolte. È noto infatti che le attività espletate nell'esercizio dell'attività giurisdizionale si presentano estremamente diversificate per tipologie di funzioni e settori di competenza. In linea generale è possibile escludere che esistano magistrati esonerati o esentati del tutto dal sistematico accesso alle strutture ove si svolge l'attività giudiziaria; accesso richiesto per il normale adempimento della prestazione lavorativa e che giustifica anche per essi la scelta del legislatore di adottare misure per la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
L'implementazione dei servizi telematici e la presenza nell'ufficio
Ancorché l'implementazione dei servizi telematici, incentivata nella fase dell'emergenza da specifici provvedimenti legislativi in deroga, abbia determinato una riduzione del periodo temporale di permanenza fisica in ufficio, ad oggi tale presenza continua a costituire tratto caratterizzante ed ineliminabile della funzione. L'intera digitalizzazione del settore giustizia rappresenta un intervento di valore strategico per il raggiungimento dell'obiettivo di abbattimento della durata media dei processi perseguito dal PNRR; tuttavia a ben vedere il processo telematico ancora non costituisce una modalità organizzativa disponibile per tutti gli uffici e per tutte le attività. In ogni caso lo strumento informatico è stato introdotto, è utilizzato e lo sarà ancora di più in futuro per migliorare il servizio giustizia, garantendo una maggiore efficienza nella gestione del contenzioso e una riduzione dei tempi di trattazione degli affari; ma non costituisce obiettivo di tali riforme l'abolizione delle udienze pubbliche o dello svolgimento in presenza di tutte quelle attività che ad oggi richiedono l'accesso agli uffici. In particolare in sede di legittimità non avendo trovato ancora completa attuazione il processo telematico, la necessità dell'accesso agli uffici non è limitato ai giorni di udienza ma si impongono ulteriori incombenze quali ad esempio, le attività di spoglio dei ricorsi in vista della preparazione delle udienze, il ritiro degli atti di parte in cartaceo, la consultazione dei fascicoli processuali, i depositi dei provvedimenti non telematici. La situazione di emergenza determinata dalla pandemia ha reso necessario il ricorso a una complessa ed articolata legislazione derogatoria ed eccezionale per consentire la celebrazione delle udienze con modalità alternative, quali la trattazione scritta e le adunanze camerali con collegamento da remoto. La vigente normativa consente fino al termine dello stato di emergenza la possibilità di celebrazione delle udienze pubbliche a porte chiuse e la preferenza per le adunanze camerali non partecipate, tenute anche da remoto, salva comunque la presenza del presidente del collegio ovvero del consigliere anziano da lui delegato. In ogni caso dalla complessa lettura di tutte le disposizioni si evince che anche nell'attuale periodo dell'emergenza non è mai esclusa in Corte di Cassazione la celebrazione delle udienze in presenza.
...una ipotizzabile modifica organizzativa
Da escludere che sia attuabile o comunque ipotizzabile una modifica organizzativa che autorizzi i soli soggetti privi della prescritta certificazione verde di astenersi dall'accesso agli uffici giudiziari. Ciò in quanto: la frequentazione delle strutture dove si svolge l'attività giudiziaria costituisce una caratteristica "essenziale" ed "ineludibile" per l'espletamento della funzione giurisdizionale con efficienza, diligenza e tempestività. Nell'ottica del legislatore la mancanza della prescritta certificazione non costituisce requisito di inidoneità meritevole di protezione; e "accomodamenti" organizzativi volti a superare le conseguenze della violazione dell'obbligo si porrebbero in evidente contrasto con le finalità della legge che è volta proprio ad incentivare le vaccinazioni. A ben vedere ogni modifica organizzativa andrebbe ad alterare i criteri finalizzati all'assegnazione di affari e controversie, con ricadute sul principio costituzionale del "giudice naturale" e con inevitabile lesione anche del principio della "ragionevole durata del processo" impresso nel dettato della Carta repubblicana.
Le conseguenze disciplinari
Sul piano delle ricadute lavorative, la normativa, a differenza delle norme analoghe dettate per altri lavoratori pubblici e privati, non contiene la puntualizzazione che l'assenza ingiustificata non comporta conseguenze disciplinari. Si è ipotizzato che l'omissione sia collegata alla tipicità degli illeciti disciplinari del magistrato. È stato fatto notare che la mancanza del certificato verde potrebbe pur sempre configurare per il magistrato, in presenza di un precetto che lo impone, una grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile ovvero una grave inosservanza delle disposizioni sul servizio giudiziario ovvero una sottrazione ingiustificata all'attività di servizio. Tutto ciò a seconda delle situazioni in cui venga accertata la violazione o l'inosservanza delle disposizioni di riferimento. In effetti alla luce del quadro d'insieme della normativa operante in materia, l'attribuzione di rilevanza disciplinare solo all'omissione del magistrato apparirebbe irragionevole. E ciò in quanto, pur tenuto conto del rilievo della sua funzione e dell'essenzialità del servizio giudiziario, anche per il magistrato dovrebbero assumere rilievo quelle ragioni personalissime che possono indurre il singolo a sottrarsi all'obbligo in parola. Ragioni che per tutti gli altri lavoratori sono state ritenute dal legislatore meritevoli di considerazione quanto meno nell'escludere la rilevanza disciplinare della violazione; sebbene soccombenti nel bilanciamento con le superiori esigenze di salute pubblica espressamente salvaguardate dalla legge.
L 'illecito amministrativo e la configurabilità di una forma di "sospensione dal servizio"
L'accesso agli uffici giudiziari in violazione dell'obbligo di possesso del Green pass e la violazione degli obblighi di controllo integrano gli estremi di un illecito amministrativo. La verifica del rispetto di tali obblighi spetta ai responsabili della sicurezza interna degli uffici. Si è osservato che il divieto di accesso dei magistrati privi di Green pass base o rafforzato agli uffici giudiziari configura una forma, sia pure peculiare, di sospensione dal servizio, che invero la Costituzione subordina alla previa deliberazione dell'Organo di governo autonomo con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario. In ogni caso la previsione di una tale misura con normativa di legge ordinaria, senza il coinvolgimento del CSM, va ritenuta legittima in quanto fondata sulla cogenza delle superiori esigenze di sanità pubblica finalizzate al contenimento dei contagi da virus Covid-19.
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Aldo Natalini
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