ESG: negli Statuti delle società debuttano le clausole di sostenibilità
Il Comitato Interregionale dei Consigli notarili delle Tre Venezie ha pubblicato gli Orientamenti societari 2023 con riguardo ai fattori Esg (Environmental, Social, Governance)
Per la prima volta, il Comitato Interregionale dei Consigli notarili delle Tre Venezie ha declinato i fattori ESG nelle clausole di sostenibilità degli statuti delle società di capitali spaziando dall’oggetto sociale, al contemperamento degli interessi dei soci con quelli degli stakeholder, alle modalità di gestione “sostenibile” del business, alle clausole di gradimento per l’ingresso in società fino al monitoraggio della remunerazione degli amministratoti ed allo stakeholder engagement.
Scorrendo i sei Orientamenti – rubricati nella sezione A.B. – emerge una “messa a sistema” da una parte delle prassi di soft law (e.g. le raccomandazioni in chiave di sostenibilità del Codice di Corporate Governance applicabile dalle quotate dell’MTA su base volontaria, le policy di stakeholder engagement) e dall’altra dei principi normativi di hard law contenuti nella Legge sulle Società Benefit (e.g. beneficio comune nell’oggetto sociale, contemperamento degli interessi fra shareholders e stakeholders), nella Shareholder Rights Directive – SRD II, nel Regolamento UE n. 2019/2088 e nel Testo Unico della Finanza (e.g. politiche di remunerazione degli amministratori con KPIs ESG). Un passo avanti molto importante che sdogana i fattori ESG oltre il perimetro di legge delle Società Benefit e delle società quotate ma che merita approfondimenti per la complessità dei temi affrontati primo fra tutti l’impatto di un purpose ESG sulla gestione degli amministratori.
L’Orientamento A.B.1 evidenzia come punto di partenza dell’integrazione dei fattori ESG nella attività di impresa il fatto che “nel nostro ordinamento non sussiste alcuna disposizione positiva o principio di diritto che imponga agli amministratori di società lucrative di attuare l’oggetto sociale avendo riguardo al solo interesse dei soci alla massimizzazione dei profitti. Al contrario, l’ art. 41, comma 2, Cost. dispone che l’esercizio di una qualunque attività economica, ossia la ricerca di un profitto, non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.
Il principio costituzionale dell’articolo 41 diventa il perno che giustifica, quindi, la previsione nello statuto di “specifiche regole etiche e/o di sostenibilità che devono essere rispettate nella gestione della società, anche a scapito della massimizzazione dei profitti e della efficienza produttiva”, senza perdere il fine di lucro che deve essere sempre perseguito dalla gestione degli amministratori. Vengono definite le “clausole di sostenibilità” come “tutte le clausole statutarie che costituiscono espressione di ideali collettivi, valori sociali e principi etici, quali la protezione dell’ambiente, la promozione del lavoro, la cura e il benessere dei dipendenti e della collettività” e più in generale che denotano “un impegno di salvaguardia dei diversi interessi non economici implicati nell’attività di impresa”. Quel che rileva è che le stesse possono agire non solo sulla perimetrazione dell’attività di impresa che costituisce l’oggetto sociale con la previsione di interessi diversi nell’ambito della funzione lucrativa senza comprometterla, “ma anche sul piano delle modalità di conseguimento dello stesso, con funzione di definizione delle linee di condotta degli amministratori sia in forma impositiva di strategie o categorie di operazioni, che in forma preclusiva delle stesse”.
La motivazione del Comitato all’Orientamento A.B.1 evidenzia come se da una parte un oggetto sociale con caratteristiche di sostenibilità vincola l’organo amministrativo al suo conseguimento, dall’altra l’autonomia del potere gestorio verso i terzi deve rimanere intatta nel rispetto del principio di cui all’articolo 2384, comma 2° del codice civile. Le clausole che stabiliscono le modalità di conseguimento dell’oggetto sociale possono consistere nell’enunciazione dei principi etico-sociali che dovranno informare l’operato dell’organo amministrativo ovvero nella definizione delle linee di condotta dello stesso, sia in forma impositiva che in forma preclusiva rispetto all’adozione di determinate strategie o categorie di operazioni, in questo ultimo caso rendendo statutarie vere e proprie exclusion list che possono “limitare” l’attività gestoria degli amministratori.
Con l’Orientamento A.B.2 il Comitato conferma la legittimità delle clausole di etero-destinazione parziale degli utili “alla cura di interessi correlati alla natura dell’attività di impresa” a condizione che non venga pregiudicato lo scopo lucrativo e “la destinazione e il relativo importo non siano predeterminati, essendo la funzione gestoria insuscettibile di essere ridotta a mera esecuzione di un progetto puntualmente determinato”. Anche in questo caso è l’organo amministrativo a fissare l’effettiva destinazione e l’importo degli utili, che saranno determinati sulla base degli utili risultanti dal bilancio di esercizio, entro un limite massimo che può essere stabilito ex ante nello statuto oppure previa autorizzazione dell’assemblea ordinaria ove prevista dalla medesima clausola statutaria.
La novità degli Orientamenti A.B.3 e A.B.4 sta nel rilievo dato al bilanciamento degli interessi degli stakeholder con quelli dei soci nella delineazione delle politiche di sostenibilità e nella loro concreta attuazione. Il rispetto di questo principio è indispensabile al contemperamento di interessi puramente lucrativi con interessi non finanziari, tanto da essere norma per le Società Benefit dove le finalità del beneficio comune “sono perseguite mediante una gestione volta al bilanciamento con l’interesse dei soci e con l’interesse di coloro sui quali l’attività sociale possa avere un impatto” (cfr. comma 376 L. n. 208/2015) e dove il bilanciamento “dell’interesse dei soci, il perseguimento delle finalità di beneficio comune e gli interessi delle categorie indicate nel comma 376” è il presupposto della gestione amministrativa (cfr. comma 380 L. n. 208/2015).
Una portata ancor più innovativa emerge dall’Orientamento A.B.4 che legittima “le clausole statutarie che attribuiscono poteri di voice a determinati stakeholders mediante la previsione di luoghi di sistematica consultazione” nel solco della progressiva rilevanza dello stakeholders engagement per le società quotate, andando anche oltre lo stesso con clausole che impongono “agli amministratori di consultarsi con comitati esterni o stakeholders individuati nella fase istruttoria preliminare alla decisione amministrativa ed altresì che subordinino il potere degli amministratori di porre in essere determinate tipologie di operazioni al consenso o al parere favorevole di un comitato esterno o di stakeholders individuati”. Questo Orientamento che incarna la quintessenza dello stakeholder capitalism, incontra non poche sfide attese le limitazioni delle strutture di corporate goverannce soprattutto delle PMI e delle norme civilistiche a presidio della business judgement rule governo dell’operato degli amministratori.
Evidenziando il ruolo nevralgico degli amministratori nel conseguimento di obiettivi ESG, l’Orientamento A.B.5 pone l’accento sulla questione molto dibattuta della valutazione periodica degli obiettivi con il ricorso a clausole che attribuiscono ad un gruppo di esperti indipendenti non solo “la valutazione periodica della performance ambientale o sociale dell’impresa” ma anche la determinazione in modo vincolante, di una parte del compenso degli amministratori sulla base di KPIs di sostenibilità delle politiche da questi adottate. La misurabilità degli obiettivi e le politiche di remunerazione ESG sono al centro di un acceso dibattito nazionale e internazionale perché la remunerazione legata a KPIs ESG “può rappresentare un rilevante strumento di incentivazione all’integrazione della sostenibilità all’interno dei processi decisionali dell’impresa” (Cfr. ‘Rapporto Consob su rendicontazione quotate 2022) e non solo delle quotate ma al contempo la loro efficacia dipende proprio dalla certezza di parametri di valutazione.
Per finire l’Orientamento A.B.6 riconosce le clausole di gradimento che introducono requisiti di carattere etico per l’assunzione delle partecipazioni sociali purché con parametri non generici, che sono molto utili se adoperate negli statuti delle Società Benefit e nelle operazioni di M&A per regolare “la selezione in ingresso” di nuovi soci compatibili con un purpose ESG oriented e un piano industriale con chiari obiettivi di sostenibilità.
* Of Counsel Pavia e Ansaldo