Estradizione ampia per autoriciclaggio
Via libera all’estradizione negli Stati Uniti anche per il reato di autoriciclaggio. E questo anche se all’epoca dei fatti il reato neppure esisteva nell’ordinamento penale italiano. È questa una delle conclusioni cui approda la Corte di cassazione con la sentenza n. 14941 della sesta sezione penale. È stato così respinto sul punto il ricorso presentato contro la decisione della Corte di appello di Firenze che aveva dichiarato l’esistenza delle condizioni per l’estradizione di un cittadino straniero indagato per una serie di reati, tra i quali anche la partecipazione a un’associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio di denaro.
La Corte d’appello aveva espressamente escluso che la recente introduzione del reato di autoriciclaggio potesse avere effetto sul requisito della previsione bilaterale del fatto, nell’ordinamento penale americano e italiano, perché le condotte potevano essere incasellate in altri reati già previsti all’epoca dei fatti. Tra i numerosi motivi di impugnazione da parte delle difese aveva trovato posto così anche la violazione del principio della doppia punibilità con riferimento al reato di autoriciclaggio. Si sottolineava come le condotte contestate fossero state ascritte a un reato che ancora non era stato introdotto, al tempo della loro ipotetica commissione, nel Codice penale.
La Cassazione respinge però la tesi difensiva osservando che, in materia di cooperazione giudiziaria, per l’esistenza del requisito della doppia punibilità è necessario che l’ordinamento italiano preveda come reato, al momento della decisione sulla domanda, il fatto per il quale la consegna è richiesta, «mentre non è necessaria la rilevanza penale del medesimo fatto alla data della sua commissione».
Conforta questa conclusione, ricorda la Corte, sia il testo del Trattato bilaterale di estradizione con gli Usa che richiede solo la previsione bilaterale del fatto, senza fare riferimento al tempo in cui sarebbe stato commesso il reato, sia la giurisprudenza internazionale.
La Corte di giustizia europea e la Corte dei diritti dell’uomo, infatti, hanno spiegato che la collaborazione giudiziaria, nella forma del mandato d’arresto europeo e dell’estradizione, si pone al di fuori del perimetro del principio di legalità: l’arresto e la consegna infatti, azioni in cui si traducono le procedure, non hanno carattere punitivo; il giudice chiamato a decidere non entra nel merito della vicenda ma esercita un controllo sull’essenza delle condizioni previste.
Corte di cassazione - Sentenza 14941/2018