Penale

Pene sostitutive, non opera il divieto se la pena sospesa riguarda fatti ante Cartabia

La Cassazione con due pronunce affronta sia l’operatività del divieto in caso di sospensione condizionale sia le regole di presentazione dell’istanza e prestazione del consenso post regime transitorio della Riforma

di Paola Rossi

La Cassazione ha chiarito con due sentenze coeve la legittimità dell’istanza di sostituzione della detenzione breve sotto il diverso profilo:
- dell’operatività o meno del divieto in caso di concessione della sospensione condizionale della pena per fatti ante Riforma e
- della tempestività della richiesta fatta per la prima volta in appello post regime transitorio della novella già modificata con il decreto correttivo Dlgs 164/2024.

Con la prima sentenza - la n. 19307/2025 - la Cassazione penale ha accolto il motivo di ricorso che lamentava la mancata presa in considerazione della richiesta ai giudici di appello di sostituzione della pena detentiva breve di sei mesi in quanto oggetto di sospensione condizionale. Infatti, tale divieto, previsto dal nuovo articolo 61 bis della legge 689/1981, introdotto dalla Riforma Cartabia (Dlgs 150/2022) non opera per i fatti commessi prima della sua entrata in vigore. Ha perciò errato il giudice di appello nel ritenere inammissibile l’istanza di applicazione di pena sostitutiva per incompatibilità tra le sanzioni sostitutive previste dall’articolo 20-bis del Codice penale e l’applicazione della sospensione condizionale della pena. Si tratta di incompatibilità espressamente stabilita dal suddetto articolo 61-bis, che è però inapplicabile in base al principio del favor rei che in caso di successione di norme penali impone l’applicazione di quella “sostanzialmente” più favorevole. Non opera quindi retroattivamente il divieto di applicazione delle pene sostitutive di pene detentive brevi nei casi in cui sia disposta la sospensione condizionale della pena. E il giudice del rinvio è ora chiamato a valutare con i normali canoni di giudizio, applicabili in materia, la richiesta di sostituzione della pena detentiva breve del ricorrente.

Con l’altra sentenza - la n. 19324/2025 - la Cassazione penale ha invece giudicato la tempestività o meno della richiesta di applicazione della pena sostitutiva avanzata per la prima volta in appello al momento dell’udienza partecipata. E ha concluso in aderenza a quanto stabilito dai giudici di secondo grado che in tale fase processuale l’istanza di applicazione sia tardiva.

Infatti la richiesta fatta in grado di appello al momento dell’udienza si riferiva a una sentenza di primo grado pronunciata a gennaio 2024: momento in cui non era più operativo il regime transitorio della Riforma Cartabia ed era già in vigore il correttivo della novella.

La Cassazione fornendo la corretta interpretazione delle cadenze procedurali per avanzare la richiesta di sostituzione e per la prestazione del consenso da parte dell’imputato sulla pena sostitutiva individuata dal giudice ha di fatto chiarito la differenza tra istanza e consenso in materia di sostituzione della pena detentiva breve.

Ha cioè affermato che il consenso alla sostituzione può essere dato fino all’udienza mentre l’istanza al più tardi può essere avanzata davanti al giudice di appello con i motivi aggiunti o le memorie difensive.

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