Bancarotta, il concorso non può che coincidere col reato imputato all’amministratore
Il commercialista cui venga pagata la parcella non può essere accusato di aver concorso nella bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione per l’asserita conoscenza del dissesto se l’autore è imputato di bancarotta preferenziale
In caso bancarotta il pagamento del commercialista per le sue prestazioni costituisce una violazione della par condicio dei creditori della società che integra la bancarotta preferenziale e non la fraudolenta distrazione di risorse al fine di sottrarle alla garanzia della platea creditoria che costituisce la più grave ipotesi di bancarotta fraudolenta patrimoniale. A meno che il pagamento della parcella, addirittura sovraesposta rispetto alla prestazione resa, non dissimuli la volontà di distrarre le risorse della società determinando così il concorso del consulente nel reato più grave “distrattivo”. È però fuor di dubbio che se all’amministratore è imputato il reato di bancarotta preferenziale al concorrente esterno nel reato non può essere imputata la partecipazione a un reato diverso, nella specie quello di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione solo sostenendo che fosse a conoscenza dello stato di dissesto della società, che tra l’altro non è elemento soggettivo richiesto per l’autore stesso del reato.
Il concorso nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non dipende dalla conoscenza dello stato di dissesto. La distrazione scatta non per tale consapevolezza. Essendo sufficiente che sia evidente al soggetto extraneus - nel caso commercialista della società - che il pagamento delle fatture in suo favore sia atto a depauperare il patrimonio della società rispetto alla propria capacità di adempiere alle obbligazioni contratte. Si tratta di reato di pericolo in cui presupposti vanno valutati nella situazione ex ante del tracollo della società. Ma soprattutto è errata la condanna elevata dai giudici per bancarotta patrimoniale contro il commercialista sostenendo che questi fosse a conoscenza dello stato di decozione della società in quanto per la fattispecie non è richiesta tale consapevolezza
Inoltre ed è questo il centro della sentenza n. 28625/2025 della Cassazione penale non è possibile imputare di concorso l’extraneus nel reato prefallimentare dell’amministratore della fallita se non vi è coincidenza con quello imputato a quest’ultimo.
Infatti, nella vicenda decisa all’intraneus - cioè l’amministratore - l’iniziale imputazione per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale distrattiva era stato derubricato in bancarotta preferenziale proprio per aver pagato all’attuale ricorrente - accusato di aver concorso nel reato - la parcella per la propria consulenza di commercialista con soldi presenti sul conto personale dell’amministratore, ma alimentato con risorse provenienti dalla casse della società poi fallita.
La mancata coincidenza tra il reato ascritto all’amministratore e quello ascritto al concorrente non è legittima ed è errore rinvenuto dalla Cassazione nella sentenza di condanna del consulente per aver ottenuto un pagamento sovrastimato per le proprie prestazioni e onorato con l’apparenza della provenienza dal conto personale dell’amministratore. La mancata coincidenza che è priva di qualsiasi logica dovrà essere ora emendata dal giudice del rinvio.
In particolare, ed è questo l’aspetto più importante, nella vicenda in questione l’amministratore grazie alla riqualificazione del reato aveva potuto accedere al patteggiamento ciò che del tutto irrazionalmente risultava precluso al concorrente per essere imputato di reato diverso.