Intercettazioni ambientali, sì alla riattivazione da remoto delle microspie
Per la Cassazione, sentenza n. 29735/2025, l’utilizzo è legittimo anche se l’autorizzazione è stata emessa in altro procedimento
Sì alla utilizzabilità delle conversazioni captate per mezzo della riattivazione da remoto di congegni installati in casa in base ad un’autorizzazione emessa in altro procedimento in quanto il provvedimento di autorizzazione riguarda l’intrusione e le captazioni e non anche le operazioni materiali di collocazione delle microspie. Lo ha chiarito la VI Sezione penale della Cassazione, sentenza n. 29735/2025, nell’ambito di un procedimento nei confronti di un’associazione di tipo mafioso denominata clan “Silenzio” operante prevalentemente nel quartiere di San Giovanni a Teduccio a Napoli, con ramificazioni in altri quartieri cittadini grazie ai rapporti con altre organizzazioni riconducibili alla compagine denominata “Alleanza di Secondigliano”, una associazione criminale armata contrapposta al clan “Mazzarella” e attiva nella realizzazione di estorsioni, nel controllo delle “piazze di spaccio”.
Secondo la difesa la microspia attraverso cui erano state eseguite le intercettazioni ambientali, (autorizzate con decreto n. 1175 del 2020), all’interno dell’abitazione non era la stessa oggetto di precedente autorizzazione. Nessuna autorizzazione, dunque, avrebbe preceduto l’installazione della microspia che, per tali ragioni, doveva ritenersi illegittimamente eseguita con conseguente inutilizzabilità dei risultati acquisiti.
Tutti i ricorrenti, dunque, ricapitola la Corte, deducono l’inutilizzabilità delle intercettazioni sul presupposto che sia mancata un’autorizzazione che legittimasse la precedente installazione delle periferiche all’interno dell’abitazione. Da ciò deriverebbe l’illegittima installazione delle microspie, attività che, saldandosi con il decreto di intercettazioni, solo qualora previamente sussistente, avrebbe consentito di ritenere legittima l’attività eseguita. Nonostante, dunque, mancasse un provvedimento di autorizzazione all’intrusione di terminali idonei a captare i colloqui, ciò è comunque avvenuto per mezzo della riattivazione da remoto e pertanto, allorché gli stessi congegni erano stati già installati senza previa autorizzazione.
Per la Suprema corte, tuttavia, non è fondata la tesi secondo cui il provvedimento con cui erano state collocate le microspie all’interno dell’abitazione oggetto di attività tecnica si salderebbe con il provvedimento che aveva disposto le intercettazioni e, mancando il primo, sarebbero illegittimamente compiute le seconde. Ai fini della legittimità dell’attività di captazione, spiega la Suprema corte, ciò che autorizza e legittima l’installazione delle microspie all’interno di un’abitazione privata è proprio il provvedimento con cui il Gip dispone le intercettazioni, per poi essere eseguite (le captazioni e non anche le operazioni materiali di collocazione delle microspie attraverso l’intrusione nell’abitazione privata), sulla base di provvedimento del Pm con cui vengono dettate le modalità di esecuzione da parte della polizia giudiziaria.
Se, pertanto, come nel caso di specie, sussiste l’autorizzazione alle intercettazioni e la conseguente possibilità di poter collocare le microspie, a maggior ragione non sussistono ostacoli alla possibilità che l’autorizzazione consenta la riattivazione delle microspie “dormienti” già installate nell’immobile.
Le operazioni di collocazione e disinstallazione, infatti, costituiscono atti rimessi alla valutazione della polizia giudiziaria, non essendo compito del Pm indicare le modalità dell’intrusione, né potendosi dedurre la sussistenza di alcuna nullità od inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni ambientali in ipotesi di omessa documentazione delle operazioni svolte.
Del resto, prosegue la Corte, l’autorizzazione ad eseguire intercettazioni telefoniche ed ambientali implica anche il compimento di quegli atti che costituiscono una naturale modalità attuativa delle operazioni, sebbene attuati attraverso l’intrusione nel domicilio di una persona. Le Sezioni Unite Giorgi, sul punto, hanno puntualizzato come la finalità di intercettare conversazioni telefoniche e/o ambientali consente all’operatore di polizia la materiale intrusione, per la collocazione dei necessari strumenti di rilevazione, negli ambiti e nei luoghi di privata dimora.
Da ciò discende l’infondatezza della inutilizzabilità dei risultati della attività di ricerca della prova, tanto più che, nel caso in esame, la microspia, in quanto già presente nell’appartamento, veniva riattivata da remoto, con ciò escludendosi - in radice - ogni compressione del diritto all’inviolabilità del domicilio che, seppur astrattamente possibile per le ragioni sopra espresse, non si è verificato.