Penale

Obbligatorio l’espresso assenso del difensore all’elezione di domicilio presso il suo studio

Si tratta di vera e propria condizione di efficacia dell’indicazione espressa dall’indagato di voler domiciliarsi presso il difensore d’ufficio ai fini della valida ricezione degli atti da parte dell’autorità giudiziaria procedente

di Paola Rossi

Non è valido luogo di notificazione lo studio del difensore presso cui l’indagato ha inteso domiciliarsi se il legale non ha avuto modo di assentire all’elezione di domicilio. Non è quindi abnorme la restituzione degli atti al pubblico ministero se la notifica all’indagato dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari prevista dall’articolo 415 bis del Codice di procedura penale è irregolare perché è stata effettuata presso il difensore di ufficio senza che questi fosse stato interpellato e avesse di conseguenza accettato l’elezione di domicilio presso il suo studio come dichiarata da parte dell’indagato stesso. La Corte di cassazione penale - con la sentenza n. 28903/2025 - ha respinto infatti il ricorso del procuratore contro l’ordinanza con cui il Tribunale in sede predibattimentale aveva disposto la restituzione degli atti al Pm per l’irregolarità della notifica dell’avviso al difensore d’ufficio che non aveva assentito all’elezione di domicilio presso di lui fatta dalla persona sottoposta alle indagini.
La tesi del ricorso
Secondo il ricorrente l’adempimento della notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini era invece da considerarsi regolare perché fatta al domicilio eletto dalla persona sottoposta alle indagini, cioè “presso lo studio del difensore”. Ciò in base alla norma dell’articolo 157 ter del Cpp che disciplina le notifiche degli atti introduttivi del giudizio all’imputato non detenuto. Al limite - prosegue il ricorso - va affermata la nullità della notifica per la mancata accettazione da parte del difensore d’ufficio dell’elezione di domicilio. Ma non con la conseguenza della restituzione degli atti, che sarebbe da giudicare illegittima regressione del procedimento. In quanto - prosegue il ricorso - sempre a norma dell’articolo 157 ter del Cpp la notifica nulla spetta ripeterla al giudice del dibattimento.
Invece, proprio a causa della restituzione degli atti al Pm l’adempimento andava ripetuto dallo stesso Pm e con le medesime modalità di quanto già fatto inizialmente in base all’articolo 415 bis del Codice. Sulla legittimità o meno della conseguente regressione del procedimento - dovuta alla restituzione degli atti al Pm - lo stesso Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione aveva proposto di rinviare la questione alle sezioni Unite penali.
L’interpretazione contraria della Cassazione
Ma la Suprema Corte opta per una declaratoria di infondatezza del ricorso interpretando le disposizioni contenute nell’articolo 162 del Cpp che regolano le formalità per la regolare comunicazione del domicilio eletto o dichiarato o mutato. La norma in primis statuisce che l’indicazione sia raccolta nel verbale (in caso di identificazione da parte della polizia giudiziaria), tramite telegramma o lettera raccomandata con sottoscrizione autenticata da un notaio, da persona autorizzata o dal difensore stesso. Ma la stessa norma al suo comma 4 bis prevede precisamente che l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non dispiega i suoi effetti se unitamente a essa il giudice non riceve l’espresso assenso del difensore indicato come “domiciliatario”. Il comma è stato aggiunto dalla legge 103/2017 e poi modificato dalla Riforma Cartabia.
Sempre in base al nuovo comma è previsto che il difensore deve attestare al giudice però di aver comunicato all’imputato il proprio mancato assenso o la causa che gli abbia impedito di effettuare tale comunicazione.
Da tutto ciò deriva che va affermata la centralità dell’assenso del difensore ai fini dell’efficacia dell’elezione di domicilio.
La norma erroneamente letta dal ricorso
La Cassazione dissente dal richiamo fatto dal ricorrente alle regole dettate dall’articolo 157 bis del Cpp e seguenti sulle forme della notifica perché in realtà non riferite all’avviso di conclusione delle indagini e soprattutto perché previste per la successiva sequenza procedimentale dopo che la prima notifica non sia andata a buon fine, ossia la norma regola le notifiche “successive alla prima” ex articolo 157 del Cpp. E, nel caso risolto, non risulta che sia stata fatta una notifica precedente. Ma si fa riferimento solo all’elezione di domicilio (non accettata dal legale) indicata nel verbale di identificazione. Ciò che non consente la notifica al difensore d’ufficio senza che presso il medesimo sia stato eletto valido domicilio. La norma invocata dal ricorso disciplina in effetti le notifiche che prescindono dall’avvenuta elezione di domicilio.
Conclusioni
Nell’escludere che nel caso concreto la restituzione degli atti al Pm - per l’invalidità della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari - sia stata illegittima la Cassazione precisa di aver già affermato, ad esempio, che le notifiche in via generale al difensore d’ufficio dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari e del decreto di citazione diretta a giudizio dell’imputato (con elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio nella fase delle indagini preliminari) sono affette da nullità assoluta nel caso in cui l’avvocato abbia rifiutato la domiciliazione.



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