Fallimento, la vendita dell’immobile locato dal curatore non è soggetta a “prelazione urbana”
La locazione fatta dalla curatela anche se si richiama la legge del ’78 sull’equo canone non fa scattare - a meno di esplicita pattuizione - la prelazione in caso di vendita concorsuale del bene perché si tratta di istituti incompatibili
Sussiste incompatibilità tra il diritto di prelazione del conduttore e il suo esercizio in sede di vendita concorsuale se il bene è stato locato dalla curatela del fallimento stesso. Infatti, in sede fallimentare, l’esigenza di tutelare il ceto creditorio prevale sulla tutela del prelazionario.
La Corte di cassazione - con la sentenza n. 28918/2025 - ha infatti respinto il ricorso di una persona giuridica che lamentava di non essere stata preferita ad altra persona aggiudicataria della vendita in sede di liquidazione concorsuale dell’immobile di cui aveva la locazione in forza di contratto stipulato dal curatore con approvazione del comitato dei creditori. Riteneva infatti l’ente ricorrente di essere titolare di un diritto di prelazione in caso di vendita del bene in forza dell’articolo 38 della legge 392/1978 in quanto a tale legge rinviava espressamente il contratto di locazione.
L’incompatibilità tra la prelazione inutilmente rivendicata da parte ricorrente e la finalità dell’intera procedura fallimentare sta nel fatto che preminente è la soddisfazione dei creditori del fallimento e che la gestione dei beni a esso afferenti costituisce anche nel caso di sola locazione del bene un atto di amministrazione straordinaria, in caso di vendita, ma anche di locazione
La questione risolta col rigetto del ricorso sottoposta allora a questo Collegio riguarda in sintesi la sorte del contratto di locazione stipulato dal curatore fallimentare debitamente autorizzato dal comitato dei creditori, e quindi dopo la declaratoria di fallimento, in caso di aggiudicazione a un terzo dell’immobile oggetto di successiva procedura competitiva di liquidazione, cioè di vendita. E la Cassazione esclude che in tal caso il richiamo anche espresso alla legge citata nel contratto concluso tra conduttore e curatela possa determinare il diritto previsto dall’articolo 38 della stessa legge, per cui il rinvio al provvedimento legislativo opera nel limite di compatibilità con le finalità della procedura concorsuale. Di conseguenza la decisione della Suprema Corte nega che sussista in via implicita in capo a chi loca un bene della massa fallimentare la veste di “prelazionario che dà diritto, all’esito della procedura competitiva di liquidazione, di essere preferito, a parità di condizioni, all’aggiudicatario della vendita.
Così l’evoluzione della giurisprudenza sopra ricordata conferma quanto affermato anche da questo Collegio in apicibus, e cioè che non si riscontra un’ontologica e strutturale incompatibilità tra i due istituti qui in esame. Tuttavia, tale “compatibilità” deve essere circoscritta - per quanto riguarda la fattispecie in esame di prelazione urbana ex art. 38 l. n. 292/1978 e come già anticipato - alle ipotesi di subentro nel curatore nel contratto di locazione pendente alla data della dichiarazione di fallimento, come prevede, peraltro, l’art. 80 l. fall. che statuisce proprio il subentro ex lege del curatore.
Il caso risolto
Diverso è il caso questa volta posto all’esame dei giudici di legittimità: il compendio immobiliare era stato locato proprio dal curatore del fallimento con doverosa previa autorizzazione del comitato dei creditori.
Situazione in cui spicca la peculiarità e la finalità di tale contratto di locazione che si inserisce proprio nella procedura di liquidazione concorsuale distinguendosi con tutta evidenza dal contratto di locazione nel quale invece sia subentrata ex lege la curatela, contratto quest’ultimo che - sebbene con le previsioni derogatorie dettate dal secondo comma dell’articolo 80 della legge fallimentare - mantiene in vita il regime vincolistico - cioè di prelazione del conduttore come dettato dalla legge del 1978.
Non è perciò assimilabile il contratto concluso con data certa anteriore alla declaratoria di fallimento a quello concluso a curatela instaurata.
Conclude quindi la Cassazione civile, facendo rilevare che l’articolo 2923, comma 1, del Cc (che disciplina i diritti del conduttore in caso di espropriazione del bene locato ante pignoramento o ante dichiarazione di fallimento) e l’articolo 560 del Cpc (che regola le locazioni poste in essere dopo l’instaurazione del processo esecutivo individuale o concorsuale) si escludono a vicenda senza possibilità di commistioni dei diritti che può vantare il conduttore nei due casi diversi.
Così solo quando si tratti di locazione anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento, l’acquirente (rectius, il fallimento) subentra nel rapporto locativo nel rispetto del suo contenuto pattuito, cioè di tutte le sue componenti convenzionali e legali.
Invece, quando il contratto è stipulato dal custode (cioè nel caso, dal curatore) col fine di una “gestione processuale” del bene la cui finalità è solo quella di garantire la migliore e più celere liquidazione del bene immobile a tutela del ceto creditorio, il regime normativo “vincolistico” previsto dalla legge 392/1978 dove prevede la prelazione del conduttore di fatto definisce un interesse recessivo rispetto a quello della tutela degli interessi dei creditori concorsuali.
Conclude, quindi la Cassazione che la prelazione, nel caso di locazione conclusa dal curatore, potrà essere legittimamente riconosciuta solo se il contratto “gestorio” contenga un’espressa clausola di prelazione convenzionalmente pattuita e autorizzata dagli organi della procedura utilizzando lo schema normativo previsto, per il contratto di “affitto dell’azienda o di rami d’azienda”, dall’articolo 104bis, quinto comma, della legge fallimentare.
In proposito, la Cassazione, ha così dettato un esplicito principio di diritto applicabile nel caso di locazione di un immobile seguita da vendita dello stesso bene dello stesso nell’ambito della liquidazione concorsuale, secondo il quale: “In materia di vendita competitiva svolta ai sensi dell’art. 107 l. fall., la stipula da parte del curatore, a ciò autorizzato dal comitato dei creditori, ex art. 560, 2 comma, c.p.c. e 107, 2 comma, l. fall., di un contratto di locazione non determina di per sé la spettanza in favore del conduttore altresì della prelazione legale ex art. 38 l. n. 392/78, dovendo essa, per risultare compatibile con le finalità liquidatorie della procedura, fondarsi su una previsione espressa, in favore del conduttore stesso, di una clausola di prelazione convenzionale; la natura straordinaria di tale atto necessita, secondo lo schema già delineato per il contratto di affitto d’azienda dall’art. 104 bis, 5 comma, l. fall., della previa autorizzazione degli organi della procedura, in coerenza con una norma che esprime un principio generale, in ordine alla gestione dei beni suscettibili di vendita coattiva, immanente a tale fase strumentale della più ampia liquidazione concorsuale”.
La composizione negoziata serve al risanamento e non alla liquidazione
di Michele D’Apolito







