Lavoro

Festività infrasettimanali, valida la rinuncia nel contratto individuale

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con l'ordinanza del 31 marzo 2021 n. 8958, affermando un principio di diritto

di Francesco Machina Grifeo

È legittimo per il datore di lavoro chiedere ai propri dipendenti di lavorare nei festivi infrasettimanali se tale previsione è stata pattuita nel contratto individuale di lavoro. Lo ha stabilito la Corte di cassazione , con l'ordinanza del 31 marzo 2021 n. 8958, accogliendo (con rinvio) il ricorso di una importante azienda della GDO (assistita da Trifirò & Partners).

La Corte di appello di Trento, all'opposto, aveva confermato l'annullamento delle sanzioni disciplinari irrogate nei confronti di tre commesse per essersi astenute dal lavoro durante alcune festività nazionali infrasettimanali. È pacifico che le parti avevano sottoscritto la seguente clausola: "si conviene che, qualora richiesto, lei sarà chiamata a prestare attività lavorativa nei giorni festivi e domenicali, fermo il diritto al riposo previsto dalla legge". Per la Corte territoriale tuttavia una simile previsione, non precisando le festività né le modalità del preavviso, rimetteva "alla piena ed esclusiva discrezione del datore di lavorol'esercizio di un suo esclusivo quanto insindacabile diritto ad esigere la prestazione lavorativa anche nei giorni di festività", con ciò finendo per eludere la finalità voluta da legislatore.

Per la Suprema Corte invece il significato letterale della clausola è univoco e diretto ad attribuire al datore di lavoro, che ha acquisito il consenso del lavoratore, il potere di richiedere la prestazione lavorativa nei giorni festivi (e domenicali), nel rispetto della normativa dettata in materia di riposo settimanale, come emerge chiaramente dall'uso dizione "sarà chiamata a prestare attività lavorativa"', così realizzando un corretto bilanciamento tra le parti.

Inoltre, le festività infrasettimanali, a differenza delle ferie e del riposo settimanale, non sono tutelate dalla Costituzione (cfr. art. 36, comma 3) non investendo un bene primario come il diritto alla salute, mediante il reintegro delle energie psico-fisiche del lavoratore, bensì, a seconda dei casi, l'esigenza di consentire la celebrazione comunitaria di ricorrenze radicate nella tradizione, ovvero legate a particolari significati e valori civili, diritti nella disponibilità del lavoratore.

Dunque, il divieto a lavorare in occasione di tali festività non è assoluto, potendo il lavoratore nell'esercizio della propria autonomia individuale esprimere il consenso, "come si ricava agevolmente dall'art. 5 della legge n. 260 del 1949 che prevede una retribuzione aggiuntiva per i lavoratori che 'prestino la loro opera nelle suindicate festività'".

In definitiva la Cassazione chiarisce che: "La rinuncia al diritto all'astensione dalla prestazione nelle giornate festive infrasettimanali (di cui all'art. 2 della legge n. 260 del 1949) può essere anche validamente inserita come clausola del contratto individuale di lavoro". In particolare, il giudice, esaminando gli accordi intervenuti tra le parti in materia di festività infrasettimanali, dovrà attenersi ai seguenti principi: "il diritto del lavoratore ad astenersi dalla prestazione durante le festività infrasettimanali è diritto disponibile e sono validi gli accordi individuali, intercorsi tra lavoratore e datore di lavoro; l'oggetto di detti accordi è chiaramente determinabile mediante il ricorso al riferimento normativo esterno costituito dalla legge n. 260 del 1949; il potere del datore di lavoro di richiedere la prestazione lavorativa nei giorni festivi va esercitato nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza".

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