Comunitario e Internazionale

Figli disabili, le condizioni di lavoro dei genitori devono permettere l’assistenza

Lo ha stabilito la Corte Ue, sentenza nella causa C-38/24, sancendo un principio in materia di discriminazioni indirette

In tema di discriminazione sul posto di lavoro, la Corte Ue, sentenza nella causa C-38/24, ha affermato che la tutela dei diritti delle persone disabili contro le discriminazioni indirette si estende ai genitori di bambini disabili. Le condizioni di impiego e di lavoro, chiariscono i giudici di Lussemburgo, devono essere adattate per consentire ai genitori di occuparsi del figlio senza rischiare di subire una discriminazione indiretta.

Il caso - Un’operatrice di stazione ha chiesto a più riprese al suo datore di lavoro di essere assegnata a un posto di lavoro a orario fisso. La sua domanda si fondava sulla necessità di occuparsi del figlio, affetto da una grave disabilità e da invalidità totale. Il datore di lavoro, a titolo provvisorio, le ha accordato alcuni accomodamenti ma si è rifiutato di renderli permanenti. L’operatrice, allora, ha contestato il rifiuto dinanzi ai giudici italiani. La questione è giunta davanti alla Cassazione che si è rivolta alla Corte di giustizia.

La motivazione - I giudici europei hanno risposto che il divieto di discriminazione indiretta fondata sulla disabilità (Direttiva 2000/78/CE sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro), si estende anche a un lavoratore che ne è vittima a causa dell’assistenza che fornisce a suo figlio, affetto da disabilità.

Come risulta dalla sentenza Coleman (C-303/06 ), prosegue la decisione, la direttiva mira a combattere ogni forma di discriminazione fondata sull’handicap. E le relative disposizioni devono essere lette alla luce del principio di non discriminazione, del rispetto dei diritti dei minori e del diritto all’integrazione delle persone disabili previsti dalla Cedu, in combinato disposto con le disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.

Dal complesso di tali atti, prosegue la Corte, risulta che, per salvaguardare i diritti delle persone disabili, in particolare se si tratta di minori, il principio generale di non discriminazione riguarda la discriminazione indiretta «per associazione» fondata sull’handicap affinché la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro sia garantita anche ai loro genitori, e questi ultimi non subiscano un trattamento sfavorevole sul loro posto di lavoro a causa della situazione dei loro figli.

Secondo la Cgue, per garantire l’uguaglianza tra i lavoratori, il datore di lavoro è tenuto ad adottare soluzioni ragionevoli idonee a consentire l’assistenza necessaria ai figli disabili, con solo limite del carattere sproporzionato che tale onere potrebbe comportare per il datore di lavoro.

Di conseguenza, conclude la decisione, il giudice nazionale dovrà verificare che, nella causa specifica, la domanda del lavoratore non costituisca un onere del genere.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©