Gestori sotto soglia e (nuove) società di partenariato, al via il cantiere di riforma del TUF
La riforma che ora si avvia all’iter parlamentare mira - da un alto - a rafforzare la capacità di attrarre investimenti, supportare l’impresa e stimolare il mercato dei capitali; dall’altro, affronta la semplificazione normativa, la governance societaria, l’allineamento con l’Europa
L’8 ottobre 2025 è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri lo schema di decreto legislativo attuativo della delega conferita dalla legge 5 marzo 2024, n. 21 («Legge Capitali») di riforma del TUF e del Codice Civile.
La riforma punta sia a rafforzare la capacità delle imprese di attrarre capitale, sia a modernizzare e semplificare il quadro normativo in linea con le direttive europee.
In questo quadro, due innovazioni spiccano come elementi centrali e meritevoli di particolare attenzione: l’introduzione del regime dei gestori “sotto soglia” (ovvero non pienamente vigilati come i gestori ordinari) e la nuova figura delle “società di partenariato” dedicate all’investimento in private equity e venture capital.
I gestori sotto soglia
Il provvedimento introduce una distinzione tra gestori autorizzati (come le SGR, SICAV/SICAF in regime pieno) e quelli che saranno qualificati come “gestori di FIA sotto soglia registrati” (a volte identificati con la sigla GEFIA sotto soglia registrati).
In concreto, secondo la relazione illustrativa dello schema, si prevede che i fondi alternativi (FIA) che gestiscono un patrimonio totale non superiore a 100 milioni di euro, o sino a 500 milioni in assenza di ricorso alla leva finanziaria e non prevedono rimborso anticipato dei partecipanti per un periodo determinato (ad es. 5 anni) possano ricorrere al regime di registrazione anziché di autorizzazione.
Tali gestori cd “sotto soglia” beneficeranno di un regime di vigilanza meno gravoso (in termini di requisiti e oneri), ma dovranno comunque iscriversi in un registro tenuto dalla Banca d’Italia, rispettare obblighi minimi di condotta, trasparenza e limiti operativi (ad esempio su leva, tipologia di investitori ammessi, fondi chiusi, ecc.).
Tra i principali vantaggi, la riforma offre al settore del private equity e del venture capital l’opportunità di operare in un contesto normativo più flessibile. Questo permetterà la creazione di veicoli di investimento più snelli, facilitando sia la raccolta che l’operatività. Un altro elemento positivo riguarda la riduzione degli oneri e delle barriere regolamentari per i gestori di dimensioni più contenute: una semplificazione che può stimolare l’innovazione, attrarre nuovi operatori e aumentare la diversificazione del mercato. Inoltre, l’impostazione appare più allineata al modello europeo previsto dalla Direttiva AIFMD, che già contempla un regime semplificato per i gestori “sotto soglia”.
Sul fronte dei potenziali svantaggi, un regime più leggero implica inevitabilmente un livello di rischio maggiore. Una minore intensità di vigilanza potrebbe tradursi in una tutela meno robusta per gli investitori non professionali o in una maggiore esposizione a rischi operativi. Rimane poi da chiarire quali categorie di investitori potranno effettivamente accedere a tali fondi “sotto soglia” e come sarà garantito un equilibrio efficace tra flessibilità e protezione. Proprio per questo sarà fondamentale che i regolamenti attuativi di Banca d’Italia e CONSOB definiscano in modo preciso limiti, controlli e requisiti di governance, evitando così che il segmento dei gestori minori diventi un terreno troppo deregolamentato.
La nuova figura delle “società di partenariato”
Un’altra innovazione fondamentale riguarda l’introduzione, all’interno del TUF, della nuova categoria delle società di partenariato (lettere i quater.1 e ss dell’art. 1, c. 1 TUF) e la sezione dedicata (Sezione II bis, arti. 35 novies.1 35 novies.6) che disciplina le “società in accomandita per azioni” destinate all’investimento collettivo in operazioni di private equity e venture capital.
In altre parole, il legislatore introduce un veicolo societario italiano – differente dalla classica SGR/FIA – progettato per attrarre capitali nei segmenti dell’innovazione, delle imprese non quotate e delle strategie di lungo termine.
Quali caratteristiche principali emergono?
• Forma societaria: accomandita per azioni, che consente una flessibilità contrattuale simile alle limited partnership anglosassoni.
• Oggetto esclusivo di investimento collettivo in operazioni di private equity/venture capital.
• Possibilità di compartimentazione (diversi “sub veicoli”) con separazione patrimoniale fra comparti.
• Inserimento in parallelo al regime dei gestori sotto soglia, ciò implica che anche queste società di partenariato possano, in determinate circostanze, accedere al regime più soft di registrazione anziché autorizzazione.
Implicazioni e valutazioni
La scelta di dotarsi di uno strumento societario dedicato al private capital è strategica: si va nella direzione della “finanza reale” e del sostegno all’impresa, riconoscendo che l’Italia necessita di veicoli più flessibili e maggiormente competitivi rispetto ai modelli tradizionali.
Tuttavia, anche qui emergono questioni da considerare:
• Occorre che la cornice regolamentare definisca con chiarezza limiti, requisiti e regole di governance per evitare rischi operativi, conflitti di interesse o scarsa trasparenza.
• Dal punto di vista della vigilanza, sarà fondamentale definire se e in che misura tali veicoli saranno soggetti a requisiti ridotti, e come ciò impatterà sulla tutela degli investitori – specialmente se non professionali.
Altri profili della riforma che meritano attenzione
Tra le modifiche di rilievo si segnalano
(i) la definizione di una soglia unica del 30% per le offerte pubbliche di acquisto,
(ii)la riduzione da dodici a sei mesi del periodo di riferimento per il prezzo minimo dell’offerta e
(iii) nuove modalità semplificate per le assemblee degli emittenti in fase di quotazione.
Considerazioni conclusive
La riforma del TUF che ora si avvia al percorso parlamentare rappresenta un’occasione significativa per il sistema finanziario italiano: da un lato mira a rafforzare la capacità del Paese di attrarre investimenti, supportare l’impresa e stimolare il mercato dei capitali; dall’altro, affronta la semplificazione normativa, la governance societaria, l’allineamento con l’Europa.
Tuttavia, il successo dell’intervento dipenderà in gran parte da:
• chiarezza e coerenza dell’attuazione regolamentare;
• equilibrio tra flessibilità per gli operatori e tutela degli investitori;
• effettiva capacità delle nuove figure (gestori sotto soglia, società di partenariato) di generare valore reale per l’economia e non solo amministrativo regolamentare.




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