Giustizia

Governo dimissionario "autolimitato": la direttiva di Chigi chiarisce il perimetro degli "affari correnti"

Il Governo Draghi potrà adottare gli atti attuativi del Pnrr e Pnc. Stop a nuovi disegni di legge governavi ed a regolamenti

di Aldo Natalini

"Il Governo rimane in carica per il disbrigo degli affari correnti": così recita lo scarno comunicato deldirettiva precisa che dovrà essere assicurata la partecipazione di rappresentanti del governo in aula e nelle Commissioni per l'esame dei disegni di legge di conversione di decreti legge e nelle altre occasioni in cui sarà richiesta dalle Camere.

La precedente direttiva Gentiloni
Rispetto alle precedenti direttive dei governi dimissionari, quella odierna ricalca esattamente, anche nella fraseologia, quelle antecedenti ed è accostabile, per prospettiva temporale ed identità di contesto (coevo scioglimento del Parlamento), a quella emanata dall'allora presidente del consiglio Paolo Gentiloni il 29 dicembre 2017 contestualmente allo scioglimento delle Camere della XVII Legislatura: direttiva che spiegò i suoi effetti molto a lungo, fino al 1° giugno 2018 e che prevedeva l'adozione di decreti legislativi «ove il rinvio alla successiva Legislatura non consentisse, anche in considerazione del tempo necessario al procedimento istruttorio per l'emanazione dei decreti legislativi delegati, di rispettare i termini della delega».
A tal proposito la dottrina evoca episodio assai significativo che potrebbe riproporsi anche all'attualità: il Dlgs 36/2018, di attuazione della legge 103/2017, è stato emanato dopo la riunione delle Camere nuove, ma sulla base del parere che le Commissioni della legislatura precedente avevano espresso nel periodo di prorogatio, per di più in una data successiva a quella delle elezioni; operazione la cui correttezza istituzionale è stata revocata in dubbio (così CATELANI, Poteri del Governo in "ordinaria amministrazione" e rapporti con il Parlamento fra norme costituzionali, regolamenti parlamentari e direttive del presidente del Consiglio, 2018).

La risalente direttiva Prodi del 2008
Un precedente di direttiva sugli affari correnti "a maglie larghe" più distante nel tempo è offerto da quella del governo Prodi del 2008 (dimissionario a causa di un voto di sfiducia del Parlamento) emanata il 25 gennaio 2008.
Nel preambolo si legge che il Governo rimane "impegnato nel disbrigo degli affari correnti, nell'attuazione delle determinazioni già assunte dal Parlamento e nell'adozione degli atti urgenti. Dovrà, in particolare, essere assicurata la continuità dell'azione amministrativa, con particolare riguardo ai problemi dell'occupazione, degli investimenti pubblici ed ai processi di liberalizzazione e di contenimento della spesa pubblica».
Come l'odierna direttiva, anche quella consentiva al Governo l'adozione di atti imposti dal rispetto di vincoli europei, l'effettuazione di nomine "strettamente necessarie", l'approvazione di decreti legislativi in scadenza e di decreti-legge in casi di urgenza (il governo Prodi dovette occuparsi della gestione della crisi in Kosovo, con concessione delle basi alla Nato, e dell'emergenza rifiuti in Campania).

Le direttive d'individuazione dei poteri e dei limiti del Governo dimissionario sono vincolanti?
Un ultimo interessante quesito riguarda la vincolatività o meno dell'odierna direttiva che individua il raggio di azione degli affari correnti e le conseguenze giuridiche della sua eventuale inosservanza.
In via generale, occorre premettere si riconosce al Presidente del Consiglio, nell'esercizio delle sue attribuzioni di impulso e coordinamento rispetto all'attività del Governo, quale primus inter pares, un generale potere di direttiva politica, tanto nei casi in cui l'atto sia rivolto ai singoli componenti del gabinetto, tanto quando abbia lo scopo di concertare l'operato di articolazioni dell'esecutivo.
La direttiva d'individuazione dei poteri e dei limiti del governo dimissionario ha caratteri analoghi a quelli dell'atto di indirizzo politico (CHELI, Atto politico e funzione d'indirizzo politico, Milano, 1961), tradizionalmente identificati nel rapporto di diretta esecuzione di un precetto costituzionale, nell'ambito di efficacia limitato alle più alte sfere dell'ordinamento, senza interferenze con le situazioni giuridiche soggettive dei privati, nella strumentalità all'emanazione di ulteriori atti amministrativi o legislativi, nella flessibilità e disponibilità da parte dell'organo agente (CRISAFULLI, Per una teoria giuridica dell'indirizzo politico, in Studi urbinati, 1939, 53 ss.).
La giurisdizione amministrativa si è pronunciata sulla portata vincolante delle direttive in tema di "affari correnti". Davanti al Tar della Puglia è stata contestata la validità di un provvedimento di revoca, adottato dall'allora ministro Pecoraro Scanio, non conforme con le previsioni contenute nella direttiva Prodi: i magistrati amministrativi hanno annullato l'atto di revoca, fondando l'illegittimità proprio sulla violazione della direttiva del Presidente del consiglio e della prassi costituzionale (cfr. Tar Puglia, Bari, sentenza n. 996 del 22 aprile 2008).
La dottrina, invece, premesso il valore essenzialmente politico della direttiva, dubita che la sua eventuale inosservanza sia sanzionabile, dato che i ministri non sono gerarchicamente subordinati al presidente del consiglio e che questi può revocarli né dispone di poteri coattivi nei loro confronti (F. MERUSI-CLARICH, Direttiva, in Enclopedia giuridica, XIII, Roma, 1989).
Il carattere di internum corporis di questo tipo di atto è per di più rimarcato dal fatto che non è soggetto a pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.

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