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Il cantiere europeo della riforma antitrust, a che punto siamo

La Commissione europea valuta nuovi poteri d’indagine, strumenti cautelari flessibili e un enforcement più centralizzato. Le imprese guardano con attenzione all’equilibrio tra rafforzamento dei poteri e garanzie procedurali e diritti di difesa

di Matteo Beretta, Riccardo Molé*

Lo scorso 2 ottobre si è chiusa la consultazione pubblica avviata dalla Commissione europea sulla riforma delle regole procedurali antitrust. Si tratta di un ulteriore passo verso una revisione di ampio respiro delle norme che regolano, tra le altre cose, le indagini su cartelli e abusi di posizione dominante.

Il percorso di valutazione e revisione delle regole di procedura è iniziato nel 2022 e si inserisce in un processo più ampio di revisione e aggiornamento delle norme europee sulla concorrenza. Negli ultimi anni, la Commissione ha promosso consultazioni per la modifica di diversi aspetti dell’ordinamento antitrust dell’Unione, tra cui le regole sul trasferimento tecnologico, sulle restrizioni verticali, sulle sovvenzioni estere, sul controllo delle concentrazioni e sugli abusi di posizione dominante di natura escludente.

L’obiettivo dichiarato della consultazione sulle regole procedurali è di modernizzare il quadro normativo in un contesto segnato dalla digitalizzazione, da indagini sempre più complesse e da una crescente frammentazione normativa tra Stati membri.

La consultazione ha riguardato innanzitutto un ampliamento degli strumenti investigativi. La Commissione sta considerando di dotarsi del potere di ordinare la conservazione di dati e documenti aziendali per evitare la perdita di elementi rilevanti, spesso in formato digitale. Parallelamente, Bruxelles valuta ispezioni da remoto, accedendo a registri informatici indipendentemente dal luogo di conservazione. L’obiettivo è rendere più efficiente la raccolta di elementi istruttori, senza dover dipendere dall’ispezione fisica dei locali aziendali. La Commissione sta poi valutando l’introduzione del potere di interrogare qualunque soggetto legato a un’indagine, superando l’attuale regime basato sul consenso dell’interessato.

Si tratta di innovazioni orientate a rendere più efficaci le indagini della Commissione ma che preoccupano imprese e osservatori, soprattutto per l’intrusività delle nuove misure considerate e per i rischi legati al principio di non autoincriminazione o all’effettività dei diritti di difesa.

Accanto all’estensione dei poteri investigativi, la proposta di riforma interviene sulla disciplina delle misure cautelari. L’attuale regolamento consente di imporne solo se vi è un rischio di danno grave e irreparabile, soglia che ne ha reso raro l’utilizzo. Due sono le piste allo studio: abbassare le condizioni necessarie per giustificare l’intervento cautelare o mantenere l’attuale test sostanziale, semplificando e accelerando le procedure. L’intento è rendere lo strumento più flessibile ed efficace, soprattutto rispetto alle dinamiche dei mercati digitali. Le resistenze però sono forti. Ogni modifica del test giuridico dovrebbe essere coerente con la garanzia dei diritti delle imprese e con il carattere eccezionale delle misure cautelari.

Ulteriori proposte riguardano la procedura per la presentazione di impegni volontari da parte delle imprese, le modalità di accesso al fascicolo investigativo della Commissione e la partecipazione al procedimento di terzi e segnalanti. 

La Commissione sembra poi orientata a ridurre lo spazio, oggi riconosciuto, per l’applicazione di norme nazionali più restrittive di quelle europee in materia di condotte unilaterali delle imprese. L’obiettivo è rafforzare il coordinamento tra la Commissione e le autorità nazionali sull’enforcement antitrust ed evitare che regole divergenti compromettano l’integrità del mercato unico europeo. Alcune autorità nazionali hanno infatti mostrato crescente attivismo, introducendo normative più severe. Un’eccessiva discrezionalità a livello nazionale, avverte la Commissione, rischia di generare incertezza giuridica e di scoraggiare gli investimenti internazionali.

Questa impostazione apre però un dibattito sul grado di centralizzazione del public enforcement. Ridurre i margini di intervento delle autorità nazionali significa spostare ulteriormente l’ago della bilancia verso Bruxelles, con possibili tensioni con gli Stati membri.

Nei prossimi mesi la Commissione analizzerà i contributi raccolti e predisporrà una proposta legislativa formale. L’intenzione è di presentare un testo entro il 2026, un passaggio che sarà seguito da ulteriori confronti con i soggetti interessati e dall’avvio dei negoziati con le altre istituzioni europee, Parlamento e Consiglio.

A oltre vent’anni dall’adozione delle attuali regole procedurali, la riforma rappresenta un passaggio cruciale per la politica europea della concorrenza.

La sfida sarà trovare un equilibrio: da un lato dotare la Commissione di strumenti adeguati all’evoluzione dei mercati; dall’altro garantire i diritti di difesa delle imprese.

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*Avv. Matteo Beretta e Avv. Riccardo Molé – Cleary Gottlieb

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