Il giudice con “ragionevolezza” accerta se l’errore della Pa sia scusabile negando i danni ai privati
Non basta che un atto sia stato annullato per ottenere un risarcimento: occorre verificare come e perché quell’atto sia stato adottato o se la situazione sia di per sé complessa escludendo che la causa sia stata la negligenza della Pa
Con la sentenza n. 7924 del 10 ottobre 2025, la sesta Sezione del Consiglio di Stato affronta uno dei temi più delicati del diritto amministrativo: quando e in che misura l’amministrazione deve rispondere dei propri errori.
Il giudice chiarisce che non ogni atto illegittimo comporta automaticamente un risarcimento: per parlare di responsabilità, occorre verificare se l’amministrazione abbia agito con colpa o dolo, ossia con negligenza o intenzionalità.
Se invece l’errore deriva da una situazione obiettivamente complessa o incerta, si parla di “errore scusabile”, che esclude la colpa e quindi il risarcimento. La sentenza valorizza questa distinzione, ponendo l’accento sulla buona fede e sulla ragionevolezza dell’azione pubblica. In tal modo, il Consiglio di Stato costruisce un equilibrio tra il diritto del cittadino a non subire decisioni ingiuste e il diritto dell’amministrazione di non essere punita per errori inevitabili, definendo un modello di responsabilità più realistico e più giusto.
Il caso concreto
La vicenda nasce dalla richiesta di rinnovo del patentino per la vendita di generi di monopolio da parte del titolare di un esercizio commerciale. L’amministrazione, rilevando alcune pendenze fiscali non dichiarate, notificava all’interessato l’irregolarità della sua posizione. In seguito alla regolarizzazione o alla rateizzazione dei debiti, il richiedente rinunciava formalmente alla prima istanza. Successivamente presentava una nuova domanda, corredata da una certificazione che attestava la sua regolarità fiscale. Tuttavia, l’amministrazione respingeva entrambe le richieste, motivando il rigetto con l’applicazione restrittiva delle norme sulla decadenza delle dichiarazioni sostitutive e del procedimento amministrativo. Il giudice amministrativo di primo grado accoglieva il ricorso, annullando i provvedimenti di diniego e riconoscendo il diritto al risarcimento dei danni causati dal ritardo nel rilascio del patentino. In appello, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli contestava questa decisione sostenendo l’esistenza di un errore scusabile, legato alla complessità sia giuridica che fattuale della situazione, oltre che al comportamento non lineare del richiedente, che aveva fornito inizialmente dichiarazioni non veritiere e successivamente modificato più volte la propria posizione.
La decisione di Palazzo Spada sulla colpa della Pa
Nella motivazione, il Consiglio di Stato analizza con grande precisione il ruolo della colpa nella responsabilità della pubblica amministrazione. Il punto di partenza è chiaro: un atto illegittimo non implica automaticamente che l’amministrazione abbia colpa. L’illegittimità è solo un segnale, un indizio che deve essere verificato caso per caso. L’amministrazione può infatti dimostrare che il suo errore è “scusabile”, cioè dovuto a una situazione oggettivamente complessa, a incertezze nella legge o a comportamenti del privato che hanno reso difficile una decisione lineare. L’errore scusabile non serve a deresponsabilizzare la pubblica amministrazione, ma a distinguere l’errore comprensibile da quello colpevole, cioè da quella mancanza di cura e attenzione che non può essere giustificata in chi esercita un potere pubblico.
La sentenza è rilevante perché impone un accertamento reale, non formale, della colpa dell’amministrazione. Non basta che un atto sia stato annullato per ottenere un risarcimento: occorre verificare come e perché quell’atto sia stato adottato.
Il giudice deve valutare la condotta complessiva dell’amministrazione, la chiarezza delle norme applicabili e anche l’eventuale comportamento del cittadino.
Nel caso esaminato, la complessità della vicenda – segnata da rinunce, domande ripetute e un quadro normativo incerto – e le dichiarazioni inesatte del richiedente hanno reso scusabile l’errore dell’amministrazione. L’illegittimità dell’atto resta ma viene esclusa la colpa e quindi il diritto al risarcimento. In questa prospettiva, il Consiglio di Stato rafforza un principio di equilibrio: l’amministrazione non è tenuta a essere infallibile, ma deve agire con la diligenza che la funzione pubblica impone. L’errore scusabile diventa così uno strumento di giustizia sostanziale, che protegge i cittadini dagli abusi, ma anche l’amministrazione dagli effetti di errori inevitabili. La colpa quindi non coincide più con la semplice violazione di una norma, ma con un comportamento realmente negligente, privo di ragionevolezza o di buona fede.
Con questa decisione il Consiglio di Stato ridisegna i confini della responsabilità pubblica. L’illegittimità di un atto resta condizione necessaria per chiedere un risarcimento ma non è più sufficiente: la colpa diventa il vero punto di equilibrio tra il diritto del cittadino a una decisione corretta e il diritto dell’amministrazione di non essere punita per errori inevitabili o scusabili. È una visione più matura e realistica del rapporto tra individuo e potere pubblico che riconosce a entrambi dignità, limiti e diritti, inserendoli in un sistema giuridico fondato sulla ragionevolezza e sull’equilibrio delle responsabilità reciproche.







