Civile

Il sindacalista denunciato dalla Pa e assolto non ha automaticamente diritto a essere risarcito

Il sospetto ingenerato per l’uso del badge che appaia scorretto costituisce un legittimo sospetto che fa scattare l’obbligo di denuncia da parte del datore pubblico che non è passibile di essere accusato di calunnia

di Paola Rossi

Se viene lamentata come calunnia la denuncia subita per un reato perseguibile d’ufficio l’azione penale spezza il nesso causale tra l’asserita condotta calunniatoria e il danno patito a causa della sottoposizione al processo anche in caso di assoluzione. Infatti la Corte di cassazione civile - con la sentenza n. 26977/2025 ha rigettato il ricorso di un sindacalista che denunciato dalla pubblica amministrazione di appartenenza veniva poi assolto dal reato. Ma l’assoluzione del dipendente pubblico in sede penale non apre automaticamente al diritto al risarcimento in sede civile del danno anche non patrimoniale per il patema d’animo di essere stato posto sub iudice.

Serve, infatti, un quid pluris affinchè la denuncia possa essere qualificata come calunniatoria. L’intervenuto proscioglimento non determina ipso facto l’accertamento del reato di calunnia a carico del denunciante con conseguente diritto al ristoro dei danni ingiustamente subiti. Fonda, in effetti condotta calunniatoria quella asseritamente basata su elementi oltre che inesistenti anche proditoriamente asseriti dal denunciante.

E ciò non può essere affermato in ordine a un reale sospetto di cui - a tutela del buon andamento della Pa - l’amministrazione da cui dipende il lavoratore che appare agire una condotta infedele nei confronti del datore di lavoro pubblico facendo scattare l’obbligo di procedere alla denuncia.

In conclusione, se la denuncia non è oggetto di archiviazione quando il reato denunciato è perseguibile d’ufficio il proseguimento dell’azione penale comporta il venir meno del nesso causale tra la condotta del denunciante e la celebrazione del processo conclusosi con assoluzione. Scenario che esclude che per il solo fatto di essere stato prosciolto il lavoratore pubblico abbia diritto al ristoro a titolo di responsabilità aquiliana dei danni patiti asseritamente in modo ingiusto se non è provata la volontà maliziosa o mirata a offendere reputazione e decoro da parte della Pa che adisce l’autorità giudiziaria.

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