Responsabilità

Incidente mortale sul lavoro: scatta il danno differenziale se il risarcimento Inail è inferiore a quello civile

Non si considerano le tabelle previste dal Dm del 12 luglio 2000

di Giampaolo Piagnerelli

La Cassazione ha affermato che in caso di incidente mortale sul lavoro per colpa del datore, quando il risarcimento Inail sia inferiore rispetto a quello civile si deve considerare l'importo previsto da quest'ultimo. I Supremi giudici in particolare - con l'ordinanza n. 3694/23 - hanno chiarito che il danno cosiddetto differenziale prevede un risarcimento che spetta a tutti i lavoratori dipendenti che dimostrino di aver subìto, in ragione di un fatto illecito commesso dal datore di lavoro o da un terzo, un danno maggiore rispetto all'indennizzo riconosciutogli e risarcito dall'Inail. In coerenza con quanto appena chiarito, in tema di responsabilità civile del datore di lavoro, la liquidazione del danno alla salute conseguente a infortunio sul lavoro o a malattia professionale va effettuata secondo i criteri civilistici e non sulla base delle tabelle di cui al Dm del 12 luglio 2000. Queste ultime sono deputate alla liquidazione dell'indennizzo Inail ex articolo 13 del Dlgs n. 38 del 2000, "in ragione della differenza strutturale e funzionale tra tale indennizzo e il risarcimento del danno civilistico". Si ricorda, per completezza, che in base a quanto previsto dalle tabelle Inail nel caso di danni composti, vale a dire comprensivi di più menomazioni, la valutazione non potrà essere il risultato della somma delle singole menomazioni tabellate. In tali casi, infatti, si dovrà procedere a stima complessiva del
danno con riferimento all'entità del pregiudizio effettivo dell'apparato e/o della funzione interessata dalle menomazioni.Con il secondo motivo la vedova del lavoratore e gli altri superstiti hanno dedotto violazione degli articoli 1223, 2087 e 2059 del codice civile, 10 e 85 del Dpr n. 1124/1965 (art. 360, n. 3, cpc), censurando la statuizione della Corte territoriale relativa al rigetto della domanda delle controparti di imputare diversamente la somma percepita in acconto dalla vedova. La Cassazione ha ritenuto però il motivo inammissibile per difetto di interesse ad agire, difettando una situazione processuale di soccombenza legittimante l'impugnazione (si trattava di domanda delle controparti, respinta dalla Corte di merito).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©