Inquinamento mafioso: come individuare partecipazione, appartenenza, concorso esterno eventuale
In tema di associazione di tipo mafioso, il concetto di partecipazione è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica fusione con il tessuto organizzativo del consorzio criminale, tale da implicare, più che una condizione di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esercizio del quale l'interessato prende parte al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell'ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi. Si qualifica come appartenenza ad associazione mafiosa la condotta che si concretizza in un'azione, anche isolata, in funzione degli scopi associativi, con svincolo delle situazioni di mera contiguità ovvero di vicinanza al gruppo criminale. Con la sentenza n°37520 depositata il 10 settembre 2019, la Corte di Cassazione detta le coordinate per l'applicazione del corretto modello normativo di comparazione, alla stregua del quale deve essere valutata una ipotizzata condotta punibile come reato di associazione di tipo mafioso.
La vicenda - Un imputato ricorreva per Cassazione contro l'ordinanza del giudice del riesame che aveva confermato l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari con cui gli veniva applicata la custodia cautelare in carcere riferita a delitti di associazione mafiosa. A propria difesa il ricorrente deduceva violazione di legge, inosservanza di norme processuali e vizi di motivazione, contestando su tutto la gravità indiziaria delle risultanze istruttorie utilizzate e valorizzate dall'ordinanza impugnata con particolare riguardo alla ritenuta sussistenza di presupposti ed esigenze per la custodia cautelare in carcere.
La bussola della Cassazione - Investita della questione la Corte di Cassazione chiarisce innanzitutto che la condotta partecipativa può essere desunta da indicatori quali la rituale affiliazione, la commissione di delitti-scopo e qualsiasi altro comportamento concludente idoneo ad offrire la dimostrazione della costante permanenza del vincolo con riferimento al preciso periodo temporale considerato dall'imputazione. A ben vedere non rilevano le situazioni di mera contiguità o di vicinanza al gruppo criminale, le quali anzi non sono sufficienti nemmeno ad integrare la diversa condizione di appartenenza ad un'associazione mafiosa, rilevante ai fini dell'applicazione delle misure di prevenzione e che sebbene isolata postula comunque una condotta funzionale agli scopi associativi. Parallela a quella del partecipe è la figura del concorrente esterno o eventuale al sodalizio mafioso. Può essere considerato tale il soggetto che, sebbene privo del vincolo alla comunione di scopo e non inserito nella struttura organizzativa del sodalizio criminale, fornisca tuttavia un contributo concreto, specifico, consapevole e volontario, a carattere occasionale ovvero continuativo allo scopo criminale.
Partecipazione e concorso esterno costituiscono fenomeni alternativi fra loro, in quanto la condotta associativa implica la conclusione di un patto criminale fra il singolo e l'organizzazione criminale, in virtù del quale il primo, con la volontà di appartenere al gruppo, rimane stabilmente a disposizione della seconda per il perseguimento dello scopo. L'organizzazione lo riconosce ed include nella struttura, senza necessità di manifestazioni formali o rituali. Il concorrente esterno invece rimane estraneo al vincolo associativo, pur fornendo un contributo alla conservazione o al rafforzamento delle capacità operative dell'associazione, nonché diretto alla realizzazione del programma criminoso. Da ciò consegue che, con particolare riguardo alla sede cautelare, il percorso motivazionale non può essere riferito indistintamente all'una o all'altra delle due fattispecie alternative. In applicazione di tali principi si può dunque affermare che l'impresa è mafiosa quando vi sia totale sovrapposizione tra essa e l'associazione criminale, della quale condivide progetti e dinamiche operative, divenendone per ciò stesso strumento per la realizzazione del programma criminoso, con una conseguente mescolanza oggettiva delle rispettive attività. Parimenti è mafiosa l'impresa la cui intera attività sia inquinata dall'ingresso nelle proprie casse di risorse economiche provento di delitto, in maniera tale che risulti praticamente impossibile distinguere tra capitali illeciti e capitali leciti. In presenza di tali presupposti pertanto, è fuor di dubbio che l'imprenditore, anche se non formalmente fidelizzato al sodalizio, prende parte allo stesso ed alla sua attività illecita. Integra invece concorso esterno in associazione di tipo mafioso, la condotta dell'imprenditore colluso, tale essendo colui che, pur senza essere inserito nella struttura organizzativa del gruppo criminale e privo del vincolo di comunione di scopo, instauri con la cosca, su un piano di sostanziale parità e per propria libera scelta, un rapporto volto a conseguire reciproci vantaggi.
Corte di Cassazione – Sezione VI – Sentenza 10 settembre 2019 n. 37520