Insinuazione al passivo fallimentare dei crediti tributari e previdenziali
Per l'ammissione al passivo fallimentare di crediti tributari e previdenziali è irrilevante che gli avvisi di accertamento e di addebito acquistino valore di titolo esecutivo e che al detto fine siano notificati, essendo sufficiente la produzione, a corredo della domanda dell'agente della riscossione, dell'estratto di ruolo, il quale, benché non sia atto impositivo, è idoneo a documentare gli elementi del ruolo
La sentenza dichiarativa del fallimento introduce un giudizio nuovo, dando avvio a una fase (ulteriore rispetto a quella pre-fallimentare) del processo concorsuale, precipuamente finalizzata alla individuazione, quantificazione e graduazione dei crediti esistenti nei confronti del fallito ( Cass. civ., Sez. I, 16 maggio 2019, n. 13271 ), crediti che devono essere accertati nell'ambito di un procedimento volto ad assicurare - in ossequio ai principi di concorsualità ed esclusività dell'accertamento del passivo - la partecipazione e il contraddittorio di tutti i soggetti che vantino pretese creditorie da far valere sul patrimonio acquisito all'attivo.
Il procedimento di formazione e di verifica dello stato passivo, soggetto a un rito speciale funzionale agli obiettivi di specializzazione, concentrazione e speditezza delle procedure concorsuali (cfr. Cass. civ., Sez. I, 7 febbraio 2020, n. 2990 ), ha natura giurisdizionale e decisoria, è strutturato sullo schema del processo di cognizione, fatti salvi gli adattamenti necessari in virtù del carattere sommario della cognizione (cfr. Cass. civ., Sez. I, 11 dicembre 2003, n. 18935 ) ed è funzionale alla cristallizzazione del patrimonio del fallito al precipuo fine di porre detto patrimonio al riparo dalle pretese di soggetti che vantino titoli formatisi in epoca successiva alla declaratoria del fallimento ovvero di impedire che siano fatte valere, nel concorso fallimentare, pretese aggiuntive rispetto a quelle facenti parte del patrimonio del fallito alla data della sentenza di fallimento (cfr. Cass. civ., Sez. I, 8 agosto 2013, n. 19025 ).
La cognizione sommaria, tipizzante il procedimento di accertamento del passivo, si conclude con il decreto che rende esecutivo lo stato passivo e si trasforma in cognizione piena nell'eventuale fase dell'impugnazione (cfr. Cass. civ., Sez. I, 31 luglio 2017, n. 19003 ).
La partecipazione al procedimento di accertamento del passivo costituisce per il creditore un adempimento necessario e imprescindibile, rectius un onere per poter ottenere, in sede di distribuzione dell'attivo, il soddisfacimento della pretesa creditoria vantata: «i creditori hanno diritto di soddisfarsi sul ricavato della liquidazione dell'attivo solo in proporzione delle rispettive ragioni, fatti salvi i diritti di prelazione, ed i rispettivi crediti devono essere accertati unitariamente, quali che siano i relativi titoli e le domande cui possono dar luogo» ( Cass. civ., Sez. I, 24 novembre 2011, n. 24847 ).
A tale verifica sono soggetti - indistintamente - tutti i creditori, a prescindere dal rango del credito vantato (id est, chirografario o privilegiato): solo con l'ammissione al passivo fallimentare i creditori da ‘concorsuali' diventano ‘concorrenti' e acquisiscono il diritto a concorrere alla ripartizione dell'attivo.
La domanda di insinuazione di un credito si propone con ricorso, entro i termini stabiliti dagli articoli 93 e 101 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
Il Giudice delegato al fallimento, all'esito dell'udienza di esame del progetto di stato passivo predisposto dal Curatore, decide in merito alle domande presentate con decreto succintamente motivato, mediante il quale accoglie, in tutto o in parte, ovvero respinge o dichiara inammissibili le domande.
La cognizione del Giudice delegato è limitata alla qualificazione dei diritti di credito in funzione della partecipazione paritaria al concorso tra creditori e con effetti esclusivamente endoconcorsuali (cfr. Cass. civ., Sez. lav., 23 gennaio 2018, n. 1646 ).
Il Curatore, immediatamente dopo la dichiarazione di esecutività dello stato passivo, invia ai creditori apposita comunicazione e, contestualmente, trasmette una copia del decreto del Giudice delegato, informando i creditori che dispongono del diritto di proporre opposizione per il caso di mancato accoglimento della domanda.
Il decreto di esecutorietà dello stato passivo non impugnato ha effetto preclusivo, nell'ambito del fallimento, di ogni questione relativa all'esistenza del credito, alla sua entità e all'efficacia del titolo da cui deriva.
Con la recente sentenza n. 33408, pubblicata in data 11 novembre 2021 , le Sezioni Unite civili della Corte di cassazione si sono pronunciate, su rimessione da parte della Prima Sezione civile, sulla questione dell'ammissibilità al passivo fallimentare dei crediti tributari e previdenziali oggetto di avvisi di accertamento e di addebito non notificati ovvero se in virtù degli articoli 29 (rubricato "Concentrazione della riscossione nell'accertamento") e 30 (rubricato "Potenziamento dei processi di riscossione dell'INPS") del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (recante "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica"), convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, «occorra, per ottenere l'ammissione al passivo fallimentare, la notificazione degli avvisi di addebito e di quelli di accertamento esecutivo da queste norme regolati».
I Giudici del Supremo Consesso, dopo aver preso atto dell'inesistenza a livello di giurisprudenza di legittimità di un «orientamento univoco in ordine all'incidenza degli artt. 29 e 30 del d.l. n. 78/10», hanno ritenuto di aderire all'orientamento secondo il quale per l'ammissione al passivo fallimentare «il credito può essere documentato dall'agente della riscossione in base a un estratto di ruolo (Cass. n. 25192/17)».
Gli avvisi di accertamento e di addebito - introdotti dal decreto-legge n. 78 del 2010 nell'ottica del potenziamento della riscossione coattiva dei crediti tributari e previdenziali, potenziamento, a sua volta, declinato in termini di accelerazione dei tempi di formazione del titolo esecutivo e di semplificazione del procedimento - svolgono una funzione sostitutiva del ruolo, il quale costituisce - nell'ambito dell'espropriazione forzata - il titolo esecutivo.
Come osservato dai Supremi Giudici, «l'avviso di accertamento e quello di addebito sostituiscono il ruolo, e quindi escludono la notificazione della cartella, che pur sempre dal ruolo scaturisce e dipende (Cass., sez. un., n. 19704/15)».
L'insinuazione al passivo fallimentare «è, tuttavia, diversa ed è autonomamente regolata», in quanto ontologicamente finalizzata «ad assicurare il conseguimento della par condicio creditorum»: essendo l'ambito oggettuale dell'accertamento del passivo circoscritto al «diritto al concorso», in caso di fallimento del contribuente «non soltanto non viene in questione l'affidamento di somme all'agente per la riscossione, che è volto, appunto, al recupero coattivo, ma, a monte, il creditore neanche ha bisogno di munirsi di titolo idoneo a consentirgli l'esecuzione».
Ove i crediti da insinuare abbiano natura tributaria o previdenziale, a seguito della combinazione della normativa di diritto concorsuale con quella speciale «l'ente creditore iscrive a ruolo il credito e l'agente per la riscossione provvede all'insinuazione nella procedura (art. 33 del d.lgs. 30 aprile 1999, n. 112)».
In sede concorsuale non occorre il titolo esecutivo per poter procedere con l'insinuazione al passivo del fallimento, non essendo l'insinuazione propedeutica all'esecuzione coattiva individuale: «il ruolo non rileva come titolo esecutivo […] ma serve a individuare, anche ai fini degli accessori, i crediti opponibili alla massa e i relativi privilegi», mentre l'estratto di ruolo, «benché non sia atto impositivo, comunque contiene e, quindi, documenta gli elementi del ruolo»; «irrilevante è, quindi, ai fini dell'insinuazione al passivo, che gli avvisi di accertamento e di addebito acquistino valore di titolo esecutivo».
Conclusivamente, il Supremo Consesso ha enunciato il seguente principio di diritto: «Ai fini dell'ammissibilità della domanda d'insinuazione proposta dall'agente della riscossione e della verifica in sede fallimentare del diritto al concorso del credito tributario o di quello previdenziale, non occorre che l'avviso di accertamento o quello di addebito contemplati dagli artt. 29 e 30 del d.l. n. 78/10, conv. con l. 122/10, siano notificati, ma è sufficiente la produzione dell'estratto di ruolo».