L’interpretazione dei giudici
È iniziato al Senato il cammino della riforma sulla legittima difesa. In attesa degli sviluppi, è bene conoscere la normativa vigente e l'applicazione che le hanno dato i giudici.
Il punto di partenza è la legge 59/2006, che è intervenuta sull'articolo 52 del Codice penale introducendo la cosiddetta “legittima difesa domiciliare”. Secondo il comma: “non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa”.
Il comma II, introdotto dalla legge 59, specifica che, in caso di violazione di domicilio, è presunta la proporzione tra aggressione e difesa “se taluno legittimamente presente” all'interno del domicilio “usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o altrui incolumità; b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione.” La presunzione vale anche per i fatti che avvengono all'interno di ogni luogo “ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.”
La parola dei giudici
Prima della legge 59, la Cassazione aveva sancito che un bene (come la casa o il patrimonio) poteva essere difeso con un atto violento, specificando però che: i) il danno subito dall'aggredito doveva essere proporzionato alla sua reazione difensiva; ii) gli atti violenti dovevano costituire l'unico mezzo per impedire l'aggressione al bene patrimoniale; iii) l'aggredito non doveva comunque eccedere nella reazione.
In una nota sentenza (la 20727/2003) la Suprema Corte aveva ritenuto che un tabaccaio, dopo avere subito l'ennesima rapina, avesse legittimamente difeso il suo patrimonio quando, in un primo momento, si era limitato a sparare alcuni colpi di pistola per fermare la fuga con il maltolto dei rapinatori, mirando in alto e alle gomme della loro automobile ferma: la difesa era poi divenuta eccessiva perchè il tabaccaio, vedendo che i rapinatori erano comunque decisi a scappare con il bottino, aveva deciso di sparare sull'auto dei malviventi che aveva iniziato a muoversi, ferendone involontariamente uno mentre stava dirigendosi verso il veicolo. L'eccesso colposo era stato però punito in modo mite dalla Cassazione: una multa da 774 euro.
La proporzione tra offesa e difesa
La legge 59 ha stabilito una presunzione della proporzione tra offesa e difesa in presenza di una violazione, da parte dell'aggressore, del domicilio dell'aggredito: in presenza delle condizioni previste dall'articolo 52 comma II, “non è più rimesso al giudice il giudizio sulla proporzionalità della difesa all'offesa, essendo il rapporto di proporzionalità sussistente per legge” (sentenza 11610/2011). La presunzione si estende anche gli spazi condominiali come il pianerottolo o l'androne dello stabile dell'aggredito (sentenza 8090/2017).
La reazione dell'aggredito non può essere però indiscriminata, ma presuppone sempre un attacco nell'ambiente domestico all'incolumità di chi è dentro, o quantomeno un concreto pericolo di aggressione (sentenza 691/2014 e 44011/2017). Non può dunque invocare la difesa legittima chi spara a un ladro nella propria abitazione se quest'ultimo non manifesta alcuno segno di aggressività o se, a maggior ragione, scappa.
La presunzione di proporzione può però scattare anche se l'aggredito ha ritenuto, per un errore incolpevole, di trovarsi di fronte a un'aggressione – che si rivela poi oggettivamente non sussistente - alla propria o altrui incolumità all'interno del proprio domicilio da parte di un intruso (sentenza 11610/2011).
In linea con questi principi, la Corte di assise di appello di Brescia (sentenza 2/2016) ha assolto un commerciante che - durante un tentativo di effrazione notturna da parte di alcuni ladri del proprio negozio, ubicato al piano sottostante dell'appartamento ove viveva con la famiglia - dopo avere vanamente intimato, con delle urla, a desistere i malviventi mentre stavano sfondando la vetrata del suo negozio con una mazza di ferro, aveva sparato due colpi di pistola di ammonimento in direzione di un terreno, posto all'interno della sua proprietà e distante circa 40 metri dal negozio, ferendo a morte un complice di cui non si era accorto.
Secondo la stessa linea, il giudice per le indagini preliminari di Milano, con decreto dell'11 dicembre 2017, ha archiviato la posizione di un pensionato che, durante un'intrusione domiciliare notturna, aveva sparato a morte al ladro disarmato che si era trovato davanti, ragionevolmente temendo un'aggressione imminente alla sua incolumità. Dopo l'archiviazione, il giudice ha disposto la restituzione dell'arma al pensionato, ravvisando che fosse stata usata legittimamente.
Anche prima della legge 59 c'erano state sentenze nello stesso senso. È il caso di una famosa sentenza di assoluzione del Tribunale di Roma del 1977. Un celebre calciatore aveva inscenato uno scherzo entrando in una gioielleria col bavero alzato e le mani in tasca come se avesse un revolver: con espressione dura aveva gridato: “fermi tutti, questa è una rapina”. Il gioielliere, avendo tutti gli elementi per credere di trovarsi di fronte al pericolo attuale di un'aggressione alla propria incolumità da parte di un rapinatore armato, aveva subito reagito – legittimamente - ferendolo a morte con la pistola.







