La Corte di giustizia conferma gran parte della direttiva sui salari minimi adeguati nell’Ue
Viene però annullata sia la norma che elenca i criteri che gli Stati membri devono obbligatoriamente prendere in considerazione per determinare e aggiornare tali salari sia quella che ne impedisce la riduzione quando indicizzati
La Corte di giustizia dell’Unione europea - con la sentenza sulla causa C-19/23 - ha confermato la validità di gran parte della direttiva relativa ai salari minimi adeguati nell’Unione europea pur avendo annullato la norma sui criteri che gli Stati membri, in cui sono previsti salari minimi legali, devono obbligatoriamente prendere in considerazione al momento della determinazione e dell’aggiornamento, nonché la norma che ne impedisce la riduzione quando tali salari sono soggetti a indicizzazione automatica
Il ricorso danese risolto
La Danimarca ha adito la Corte di giustizia chiedendo l’annullamento integrale della direttiva relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea. Essa ritiene, tra l’altro, che tale direttiva pregiudichi la ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri, in quanto comporterebbe un’ingerenza diretta nella determinazione delle retribuzioni all’interno dell’Unione e nel diritto di associazione, che, secondo i Trattati, rientrerebbero nella competenza nazionale. La Corte dà ragione alla Danimarca solo in parte. Essa individua un’ingerenza di questo tipo in due disposizioni della direttiva rivolte agli Stati membri in cui sono previsti salari minimi legali e riguardanti la determinazione o l’aggiornamento di tali salari. Per il resto, la Corte respinge il ricorso della Danimarca, confermando così la validità della maggior parte della direttiva in questione.
Il 19 ottobre 2022 il Legislatore dell’Unione, ossia il Parlamento europeo e il Consiglio, ha adottato la direttiva relativa a salari minimi nell’Unione europea. Al fine di migliorare le condizioni di vita e di lavoro nell’Unione, questa direttiva istituisce un quadro diretto, in particolare, a garantire l’adeguatezza dei salari minimi legali negli Stati membri in cui essi sono previsti, e a promuovere la contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari.
La Danimarca ha presentato un ricorso alla Corte di giustizia per ottenere l’annullamento integrale di tale direttiva.
Essa sostiene che la direttiva viola la ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri, in quanto comporta un’ingerenza diretta nella determinazione delle retribuzioni all’interno dell’Unione e nel diritto di associazione, settori che, conformemente ai Trattati, esulano dalle competenze dell’Unione.
L’interpretazione della Cgue
La Corte ritiene che l’esclusione della competenza dell’Unione prevista dai Trattati nei due settori in questione non si estenda a tutte le questioni che presentano un nesso qualsiasi con le retribuzioni o il diritto di associazione. Essa non riguarda nemmeno qualsiasi misura che, nella pratica, avrebbe effetti o ripercussioni sul livello delle retribuzioni. In caso contrario, alcune competenze attribuite all’Unione per sostenere e integrare l’azione degli Stati membri in materia di condizioni di lavoro sarebbero svuotate dei loro contenuti. Pertanto, l’esclusione della competenza si applica solo all’ingerenza diretta del diritto dell’Unione nella determinazione delle retribuzioni e nel diritto di associazione.
L’ingerenza del diritto Ue cancellata
Dopo aver esaminato la finalità e il contenuto della direttiva, la Corte identifica un’ingerenza di questo tipo solo in due casi specifici.
1) In primo luogo, la direttiva impone, agli Stati membri in cui sono previsti salari minimi legali, dei criteri da prendere in considerazione nelle procedure per la determinazione e l’aggiornamento di tali salari. In questo modo, la direttiva comporta un’armonizzazione di una parte degli elementi costitutivi dei salari minimi legali e, di conseguenza, un’ingerenza diretta nella determinazione delle retribuzioni.
2) In secondo luogo, lo stesso vale per la norma che impedisce la riduzione dei salari minimi legali quando la legislazione nazionale prevede un meccanismo automatico di indicizzazione di tali salari.
Di conseguenza, la Corte annulla le disposizioni della direttiva che comportano tali ingerenze dirette del diritto dell’Unione nella determinazione delle retribuzioni che, per questo motivo, esulano dalle competenze legislative dell’Unione. Per il resto, respinge il ricorso della Danimarca.
In particolare, la Corte conclude che la direttiva non comporta alcuna ingerenza diretta del diritto dell’Unione nel diritto di associazione. Essa giunge in particolare a tale conclusione per quanto riguarda la disposizione della direttiva dedicata alla «Promozione della contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari», con la motivazione che, tra l’altro, tale disposizione non obbliga gli Stati membri a imporre l’adesione di un maggior numero di lavoratori a un’organizzazione sindacale. La Corte respinge anche il motivo di ricorso della Danimarca secondo il quale la direttiva sarebbe stata adottata su una base giuridica errata cioè a maggioranza qualificata invece che all’unanimità in quanto relativa anche alla rappresentanza e alla difesa collettiva degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro.




-U76221013022rXQ-735x735@IlSole24Ore-Web.jpg?r=86x86)


