La Scia consolidatasi non impedisce al terzo di sollecitare l'autotutela della pubblica amministrazione
La domanda non è rivolta a ottenere l'esercizio di poteri i cui termini sono decorsi, ma all'attività di "rimozione" del vulnus
L'estensione del potere della pubblica amministrazione di agire in autotutela - in materia edilizia - non soggiace al termine di 30 giorni previsto per l'esercizio dei poteri di verifca sulla presentazione di una Scia. Così l'autotutela sollecitata da un terzo che si ritenga danneggiato dall'attività edilizia oggetto della segnalazione deve essere garantita come rimedio entro il più lungo termine di diciotto mesi. E pur in assenza di un termine utile per la sollecitazione del potere "ordinario" di controllo, il terzo può comunque fare valere i propri diritti anche dopo che gli effetti della Scia si siano consolidati.
Il ricorso deciso
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1737/2022 ha accolto il ricorso di un'impresa contro la realizzata costruzione operata da un soggetto confinante in violazione non tanto dei parametri civilistici delle distanze, ma soprattutto delle regole del piano urbanistico comunale.
La costruzione era stata regolarmente avviata a seguito di Scia sulla quale l'amministrazione non aveva sollevato obiezioni entro i trenta giorni.
Palazzo Spada spiega però che, in materia edilizia, superati tali termini il terzo interessato che solleciti la verifica sulla liceità della costruzione ha comunque diritto a domandarla entro i diciotto mesi previsti per l'esercizio del potere di autotutela e a ricevere una risposta al proprio input. Infatti, spiega il Consiglio di Satto, che oggetto della sollecitazione, proposta con la domanda del terzo, è l'azionamento del potere di verifica dell'amministrazione e non l'impugnabilità del consolditato nulla osta alla Scia.
Il superamento dei termini della verifica della Scia
Sulla tutela della posizione del terzo, che affermi di essere leso dall'attività edilizia posta in essere da altri in base a una segnalazione certificata di inizio attività, la sentenza della Corte costituzionale n. 45/2019 afferma che - pur rilevando un vuoto normativo - vanno privilegiate le soluzioni interpretative che evitino il rischio di un eccessivo sacrificio delle esigenze di tutela del terzo.
La Consulta parte dalla spiegazione dell'articolo 19 della legge 241/1990 in base al quale è possibile individuare in capo alla pubblica amministrazione un duplice ordine di poteri:
1) poteri di vigilanza e inibitori sull'attività avviata dal segnalante, esercitabili nei termini perentori di cui ai commi 3 e 6-bis,quindi rispettivamente di 60 e di 30 giorni, e
2) potere di autotutela di cui all'articolo 21-nonies, espressamente fatto salvo dal successivo comma 4 ed esercitabile anche dopo la scadenza di tali termini.
Il terzo, a tutela dei propri diritti, a norma del comma 6-ter, può invitare l'amministrazione a esercitare i poteri ordinari entro il termine, e in caso di inerzia attivare i rimedi processuali avverso il silenzio-inadempimento dell'amministrazione, ma ciò non esclude che egli possa, anche dopo la scadenza del termine, sollecitare l'esercizio del potere di autotutela ove ricorrano i presupposti stabiliti dall'articolo 21-nonies.
Il dovere di rispondere alla sollecitata autotutela
L'autotutela in materia di attività edilizia eseguita sulla base di una Scia, di cui al comma 4 dell'articolo 19 della legge 241/1990, presenta alcune peculiarità rispetto al generale potere di autotutela, in quanto, mentre di regola si assume che questo sia ampiamente discrezionale nell'apprezzamento dell'interesse pubblico che può imporne l'esercizio e non coercibile (tanto che la pubblica amministrazione non ha neanche l'obbligo di rispondere a eventuali istanze con cui il privato ne solleciti l'esercizio). Ciò che non vale in questo caso dove, per l'intima connessione di tale potere col più generale dovere di vigilanza che incombe al Comune sull'attività edilizia ai fini dell'ordinato assetto del territorio, a fronte di un'istanza di intervento ai sensi dell'articolo 19, comma 4, l'amministrazione ha il dovere di rispondere, essendo la sua discrezionalità limitata solo alla verifica della sussistenza o meno dei presupposti di cui all'articolo 21-nonies relativi all'autotutela.
Contro i rischi dei ritardi della Pa
La Consulta sollecita però un esplicito intervento legislativo sull'articolo 19, ai fini, da una parte, di rendere possibile al terzo interessato una più immediata conoscenza dell'attività segnalata e, dall'altra, di impedire il decorso dei relativi termini in presenza di una sua sollecitazione, in modo da sottrarlo al rischio del ritardo nell'esercizio del potere da parte dell'amministrazione e al conseguente effetto estintivo di tale potere di autotutela.
Per cui allo stato attuale la Corte costituzionale fa emergere l'esigenza che, anche in sede interpretativa, vengano privilegiate soluzioni che evitino un irragionevole sacrificio degli interessi del terzo.
Conclusioni
Infine, la sentenza dà risalto alla piena compatibilità e complementarietà dei due rimedi: l'esercizio dei poteri inibitori, repressivi e conformativi, entro trenta giorni dalla presentazione della Scia in materia edilizia, e quello dell'autotutela di cui all'articolo 21-nonies.
E spiega che la sentenza del Tar, ora annullata, sbaglia dove afferma che non è consentita la proposizione di un'azione di mero accertamento né di una domanda di annullamento della Scia. Erronea perché, in realtà il terzo ricorrente non avrebbe formulato una domanda di annullamento della Scia, ma una domanda di annullamento di un provvedimento amministrativo che evidenziava l'insussistenza dei presupposti per l'adozione dei provvedimenti repressivi/inibitori previsti come previsti dall'articolo 19 della legge 241/1990. L'azione di accertamento era ammissibile perché il terzo lamentava la mancata tutela da parte della pubblica amministrazione con complementare domanda di risarcimento.
Nel caso in cui non fosse stato accolto il ricorso andava analizzata di conseguenza la domanda risarcitoria.