Professione e Mercato

Nei grandi studi la scuola di soft skill nasce in casa

Programmi diversificati a seconda dell'anzianità: si punta su ascolto, lavoro di squadra e problem solving

di Massimiliano Carbonaro

Si fa presto a parlare di soft skill. Capire quali saperi affiancare alle competenze tecniche e alla conoscenza di almeno una lingua straniera per un professionista non è facile perché le abilità necessarie sono tante e vanno poste in relazione all’attività svolta. Quello che accomuna tutti gli studi è la consapevolezza che le hard skill sono solo il punto di partenza del professionista: «È necessaria una formazione specifica che prescinda da quella giuridica – commenta Alessandro Dagnino, managing partner di Lexia Avvocati, nel provare a indicare su quali soft skill puntare –. Il public speaking non è una novità e molti avvocati lo imparano sul campo, ma è importante. Anche il coaching è strategico, sia per focalizzare le giuste motivazioni sia per imparare a gestire meglio il tempo». «Ma in un grande studio è necessario approfondire anche i temi legati alla governance e al team building», aggiunge Dagnino.

Sull’onda delle novità legislative i corsi di accompagnamento all’attività di mediazione e di composizione delle crisi (si veda l’articolo in alto) sono considerati tra i più importanti. Lo sa bene Marcella Caradonna, commercialista di Milano e presidente dell’Ordine del capoluogo lombardo. «Ho iniziato ad avvicinarmi a queste tecniche occupandomi di mediazione societaria e civile – spiega –. Tutti pensano che l’abilità di negoziazione sia parte del carattere, invece esistono tecniche specifiche che possono essere apprese». Basti pensare all’ascolto attivo che è uno strumento o una tecnica che aiuta a entrare in sintonia con chi si ha davanti per capire i suoi reali interessi. «Le tecniche di negoziazione sono strategiche – aggiunge Caradonna – e servono per focalizzarsi sugli elementi che possono essere importanti per un cliente». In molti grandi studi la formazione anche nelle soft skill è ormai strutturale. Dla Piper, ad esempio, ha dato vita al suo interno a un team dedicato al knowledge e a una piattaforma, l’Academy, con piani di approfondimento e sviluppo di competenze trasversali. «I programmi di formazione cambiano a seconda delle practice e delle seniority – spiega Rossella Cerchia, Head of knowledge di Dla Piper in Italia – ci sono anche molti approfondimenti per coltivare le soft skill. Ad esempio ci sono corsi sulla negoziazione, sul problem solving, sul team working, sul working cross culture. I corsi in questo ambito sono oltre il centinaio».

Sulla stessa lunghezza d’onda lo studio Herbert Smith Freehills che con il NeuroLeadership Institute, centro di formazione specializzato nelle neuroscienze, ha avviato il programma Amplify, un percorso di formazione e sviluppo delle competenze dei propri professionisti. Al suo interno vi sono specifici moduli dedicati alle soft skill, dalla costruzione del team, allo sviluppo di una leadership “flessibile”, corsi dedicati alle motivazioni dei più giovani, al coaching e all’ascolto, non solo dei colleghi ma anche dei clienti.

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