No all’esdebitazione da sovraindebitamento per chi è già fallito
Lo ha stabilito la Cassazione nell’ordinanza n. 30108/2025 nel caso in cui i debiti siano gli stessi
Nessuna chance per il soggetto già dichiarato fallito, e che non abbia usufruito dell’esdebitazione (ex articolo 142 della legge fallimentare), di poter, in un secondo momento, accedere all’istituto dell’«esdebitazione del sovraindebitato incapiente» previsto dal Codice della crisi di impresa, se i debiti sono gli stessi che hanno portato alla procedura fallimentare. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, ordinanza n. 30108/2025 depositata lunedì 17 novembre.
Il titolare di una impresa individuale, dichiarato fallito nel 2010 (con 7mln di crediti ammessi al passivo, di cui 6 mln insoddisfatti), aveva presentato la domanda di «esdebitazione del sovraindebitato incapiente» ma il Tribunale di Mantova l’aveva respinta avendo un reddito da lavoro subordinato di 1.300 euro al mese, ritenuto interamente destinato al sostentamento familiare. Proposto reclamo, la Corte di appello di Brescia l’ha respinto per difetto di meritevolezza, addebitandogli grave responsabilità nella formazione dei debiti per avere continuato a operare «nonostante l’evidente e crescente indebitamento, senza adottare alcuna misura a tutela del creditori» e inoltre per aver «compiuto atti distrattivi per importi notevoli», accertati in sede penale, che “sicuramente denotano un condotta in frode ai creditori”.
Proposto ricorso, la Suprema corte l’ha dichiarato inammissibile, in quanto il provvedimento impugnato difetta del requisito della decisorietà, ma ha comunque ritenuto «stante la particolare importanza che riveste la questione» di affermare un principio di diritto.
Per la Prima sezione civile, dunque, la questione è «se il soggetto già dichiarato fallito, e che non abbia per qualsiasi ragione usufruito dell’esdebitazione ex articolo 142 l.fall., possa in un secondo momento accedere all’istituto dell’esdebitazione del sovraindebitato incapiente previsto dall’art. 283 CCII (e modificato dal Dlgs 136 del 2024), sulla scia dell’analogo istituto dell’esdebitazione del “debitore incapiente» di cui all’art. 14-quaterdecies della l. n. 3/2012, introdotto con il Dl n. 137/2020 (conv. con mod. dalla l. n. 176/2020)”. Come visto la risposta è negativa.
Quando l’esposizione debitoria rimane quella alla base della dichiarazione di fallimento, spiega la Corte, la mancata fruizione del beneficio dell’esdebitazione, nei tempi e alle condizioni previste dalla norma, non consente al fallito, in un secondo momento, di avvalersi del nuovo beneficio per l’incapiente, introdotto nell’ordinamento dal 2020 e poi ridisciplinato, con peculiari caratteristiche, nell’articolo 283 Ccii, «stante l’inscindibile correlazione esistente tra il beneficio invocato e i debiti regolati dalla procedura fallimentare».
Altrimenti, prosegue il ragionamento, «gli stringenti vincoli posti dall’articolo 142 della legge fallimentare a garanzia dei creditori rimasti insoddisfatti, e sui quali essi potevano legittimamente confidare, resterebbero superati e stravolti, perdendo a posteriori ogni effetto».
Si potrebbe approdare a conclusioni potenzialmente diverse – ammette la Cassazione - «qualora il beneficio dell’esdebitazione venisse invocato dal debitore sovraindebitato incapiente a fronte di un’esposizione debitoria maturata successivamente al fallimento». Ma non è questo il caso affrontato.
In questa ipotesi va invece formulato il seguente principio di diritto: «Il debitore incapiente già dichiarato fallito e che non abbia fruito, per qualsiasi ragione, del beneficio dell’esdebitazione di cui all’articolo 142 l.fall. non può successivamente invocare il diverso beneficio dell’esdebitazione dell’incapiente, disciplinato dall’articolo 283 Ccii, qualora l’esposizione debitoria si riferisca a quella già afferente alla procedura originata dalla dichiarazione di fallimento».



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