Civile

Nuova direttiva Ue sulla class action da recepire entro il 25 dicembre

Le regole europee prevedono l’apertura alle azioni transfrontaliere

di Matteo Licini

Il prossimo 25 dicembre scadrà per l’Italia il termine previsto dall’articolo 24 della direttiva 2020/1828/Ue per recepire nel nostro ordinamento il Collective Redress Act. Con la legge 127/2022, il Parlamento ha delegato il Governo ad intervenire sulla materia modificando la legge sulla class action (legge n.31) approvato nel 2019 ma entrata in vigore il 19 maggio 2021. La scadenza del 25 dicembre rappresenta l’occasione per fare il check up alla recente riforma delle azioni inibitorie e di classe introdotta dalla legge 31/2019.

Per quanto, infatti, la normativa vigente sia già in larga parte al passo con i precetti dettati dalla direttiva 2020/1828/Ue anche l’Italia non potrà sottrarsi all’obbligo di adeguare il proprio ordinamento ad alcune novità. Se la direttiva non dovesse essere recepita, scatterebbe il procedimento standard da parte della Commissione Europea che potrebbe aprire un’infrazione nei prossimi mesi e, nel caso, comminare una sanzione.

Le azioni rappresentative transfrontaliere

La natura precettiva dell’articolo 6 della direttiva impone anzitutto al legislatore delegato di aprire l’ordinamento nazionale alle azioni rappresentative transfrontaliere, ovverosia ad azioni collettive di natura inibitoria o risarcitoria promosse da un ente legittimato in uno Stato membro diverso da quello in cui l’ente è stato designato. Per farlo, l’Esecutivo dovrà adeguare lo stringente regime a cui il legislatore nazionale oggi subordina l’iscrizione delle organizzazioni e associazioni rappresentative nell’elenco pubblico istituito presso i ministeri della Giustizia e dello Sviluppo Economico ai criteri (minimali) previsti dall’articolo 4, paragrafo 3 della direttiva affinché un ente possa essere designato come ente legittimato a proporre un’azione cross border, non essendo infatti consentito agli Stati membri di imporre requisiti di abilitazione più stringenti rispetto a quelli prescritti a livello comunitario. Sarà inoltre interessante verificare se l’esigenza di rendere competitivo a livello internazionale lo strumento oggi regolato dagli articoli 840bis e seguenti del Codice di procedura civile spingerà il Governo (come, del resto, già avviene in Olanda) a consentire ad avvocati non abilitati in Italia di rappresentare (eventualmente con l’obbligo di eleggere domicilio presso un avvocato italiano) gli enti designati da uno Stato membro che vorranno promuovere un’azione rappresentativa transfrontaliera in Italia.

L’istituto del third party funding

Cruciali saranno poi le modalità con le quali verrà recepito in Italia l’istituto del third party funding previsto dall’articolo 10 della direttiva. Se, infatti, il successo di questo particolare tipo di contratto aleatorio di finanziamento è per un verso legato alle misure che il legislatore delegato dovrà necessariamente adottare per rendere più sollecita, secondo il regime vigente, la liquidazione del risarcimento in favore dei class members, determinante sarà il coordinamento dei precetti contenuti nella direttiva con le norme (ed, in particolare, gli articoli 106 e seguenti del Testo unico bancario) che oggi disciplinano l’esercizio dell’attività di concessione di finanziamenti in Italia. Il tutto in un contesto in cui, pur essendo oggi l’istituto del third party funding sostanzialmente sconosciuto al nostro ordinamento, nulla sembra allo stato impedire la sua diffusione nel nostro Paese.

I termini di prescrizione

Tutt’altro che trascurabile sarà infine l’impatto che deriverà sul nostro ordinamento (e non solo, quindi, sulla riforma del 2019) dall’attuazione dell’articolo 16 della direttiva. Il riconoscimento ex lege alle azioni rappresentative proposte di un’efficacia interruttiva o sospensiva dei termini di prescrizione applicabili a tutti i consumatori titolari di diritti omogenei rispetto al diritto azionato con l’azione inibitoria o di classe in corso comporterà, infatti, non solo il rafforzamento della finalità deterrente propria delle azioni rappresentative a causa dell’elevato rischio dei professionisti di essere esposti più a lungo a pretese risarcitorie, ma soprattutto la necessità di ripensare il regime oggi previsto dal Titolo V del Libro sesto del Codice civile.

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