Omessa fatturazione: per gli avvocati la prescrizione parte dal 31 dicembre dell’anno successivo
La chiarisce il Consiglio Nazionale Forense, con la sentenza n. 162/2025, superando i precedenti orientamenti
L’avvocato ha l’obbligo, sanzionato (anche) in sede disciplinare (artt. 16 e 29 Cdf) di emettere fattura fiscale entro dodici giorni dal pagamento della prestazione (art. 6 co. 3 e art. 21 co. 4 del DPR n. 633/1972) e, quindi, di registrare il documento entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello della sua emissione (art. 23 Dpr n. 633/1972). In sede disciplinare, la violazione di un simile dovere costituisce un illecito permanente, che tuttavia si protrae non oltre lo spirare del termine utile per la presentazione della dichiarazione dei redditi dell’anno in cui il compenso non fatturato è stato percepito, quindi il 31 dicembre dell’anno successivo. Ne deriva che al più tardi in tale data va collocato il dies a quo della prescrizione dell’azione disciplinare. È questo, in sintesi, l’approdo cui perviene il Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Napoli, rel. Gagliano) con la sentenza n. 162/2025
Si tratta di un nuovo indirizzo. Secondo la precedente giurisprudenza l’illecito aveva natura permanente e la condotta cessava o con l’adempimento o con la decisione del CDD che irroga la sanzione. Ciò, tuttavia, comportava la “inaccettabile conseguenza di un illecito sostanzialmente imprescrittibile”. Così alcune decisioni hanno collegato la cessazione della permanenza dell’illecito al termine finale dell’obbligo di conservazione della documentazione fiscale, o alla scadenza del termine ultimo per la presentazione della dichiarazione IVA (30/4 dell’anno successivo all’incasso) ovvero allo spirare del termine utile per la presentazione della dichiarazione dei redditi dell’anno in cui il compenso non fatturato è stato percepito (31 dicembre dell’anno successivo). Per il Cnf è quest’ultima la soluzione più convincente.
Secondo il Collegio infatti “la consumazione si esaurisce definitivamente nel momento in cui l’evento si verifica, quindi proprio con la scadenza del termine di presentazione della dichiarazione fiscale atteso che con l’infedeltà di essa (perché non ne risulta rappresentato né computato l’importo non fatturato) o con la mancata presentazione si determina il danno all’erario per la minore, ed ingiusta, quantificazione dell’obbligo tributario”.
A conforto di tale ricostruzione, prosegue la decisione, “giunge anche il dato normativo di cui all’art. 4 (nonché 10 bis e 10 ter) del Dlgs 74/2000 - oltre che la giurisprudenza di legittimità - laddove individua l’esaurimento della condotta penalmente illecita di infedele dichiarazione proprio nel momento della presentazione della dichiarazione”. Da quel momento dunque “decorre il termine di prescrizione dell’illecito penale o, se l’ammontare della omissione è inferiore ad una certa soglia, dell’illecito amministrativo-fiscale e quindi anche dell’illecito deontologico in cui l’obbligo di adempimento fiscale è in toto recepito”.
Con lo spirare del termine per la presentazione della dichiarazione, dunque, “non si è più in presenza di un’ulteriore protrarsi della consumazione dell’illecito bensì, solamente, del protrarsi degli effetti dell’illecito che, come noto, sono estranei alla condotta ed all’evento e quindi al di fuori della consumazione e del suo alveo temporale”. Il contribuente potrà comunque ravvedersi ma sostenendone gli oneri perché “l’evento dannoso si è già verificato, tanto che l’autore viene sanzionato per averlo arrecato”.
Il Cnf si discosta quindi anche dagli altri due orientamenti citati e cioè da quello che faceva coincidere la cessazione della permanenza con il termine dell’obbligo di conservazione della documentazione fiscale o, in alternativa, con la scadenza per la dichiarazione IVA (30 aprile dell’anno successivo all’incasso). Nel primo caso, infatti, l’obbligo non ha alcuna incidenza sull’adempimento fiscale in sé. Nel secondo, il termine IVA riguarda solo una parte dell’effetto dannoso (l’evasione dell’imposta indiretta), mentre l’omessa fatturazione può comportare anche l’evasione dell’imposta sui redditi.