Penale

Peculato d'uso e truffa al dipendente assenteista anche per un danno di poche centinaia di euro

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di Paola Rossi

Anche l'indebita percezione di poche centinaia di euro di denaro pubblico è per la Pa un danno apprezzabile anche se non di rilevante entità economica. Ed è quindi integrabile, in base alla valutazione della rilevanza penale del fatto da parte del giudice di merito - il reato di peculato o di truffa aggravata per il pubblico dipendente anche anche a fronte di cifre o quantificazioni esigue. Questo il ragionamento espresso dalla Corte di cassazione con la sentenza depositata ieri n. 11432/15.

La vicenda del messo assenteista - Nel caso specifico si trattava del ricorso di un messo comunale condannato per truffa a causa dell'assenteismo e per peculato in relazione all'uso dell'automobile del Comune assegnatagli per lo svolgimento delle notificazioni. La Cassazione ha rigettatao il suo ricorso lasciando inalterata la condanna per i reati di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, di truffa e di peculato d'uso.
Il ricorrente aveva in realtà chiesto la cassazione della sentenza attraverso motivi che di fatto non dimostravano alcuna assenza di motivazione o di illogicità del ragionamento espresso dal giudice nella sentenza a meno di ripetere le valutazioni di merito precluse in sede di legittimità.
Il comportamento smesso sotto processo del messo comunale riguardava ore di permanenza presso la propria abitazione durante l'orario di lavoro per assistere ad attività quotidiane della prorpia famiglia e l'impiego sempre per motivi privati dell'automobile comunale.

Il principio affermato dalla Cassazione - La Corte ha chiarito comunque che il danno è astrattamente ipotizzabile nel caso concreto a fronte di stipendi abusivamente percepiti ammontanti a 643,50 euro e utilizzo indebito dell'auto pubblica quantificabile in 100 euro. Questa somma secondo la Cassazione è stata legittimamente considerata congrua dal giudice di merito con valutazione non sindacabile. Inoltre, continua la Cassazione, andrebbe anche considerato il danno alla funzionalità del servizio di notificazione a danno dell'utenza.
L'artificio della falsificazione dei dipsositivi o dei documenti che attestano le false presenze integra sufficientemente il reato di truffa aggravata e falsità ideologica in atti pubblici così come il peculato d'uso per la distrazione del mezzo pubblico dai suoi fini istituzionali da parte del dipendente pubblico.

Corte di Cassazione - Sezione V – Sentenza 18 marzo 2015 n. 11432

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