Dl sicurezza, Avvocatura: uso punitivo del diritto penale - Governo: lo Stato torna forte
Il giorno dopo il via libera definitivo al cd. “Dl sicurezza”, si fanno sentire le reazioni delle opposizioni e dell’Avvocatura. Per il Governo il provvedimento raccoglie un “forte gradimento”
Per il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, sul Decreto sicurezza “c’è un forte gradimento dei cittadini” che chiedono più sicurezza “non come espressione di uno Stato di Polizia o un modello di tipo sudamericano di gestione della cosa pubblica, ma come precondizione della loro libertà”. Sul fronte opposto l’ex presidente della Corte costituzionale Ugo De Siervo, che figura con altri professori ed ex vertici della Corte tra i promotori dell’appello contro il Dl passato ieri in via definitiva, invoca un intervento del presidente della Repubblica: “Penso che nel caso attuale potrebbe quanto meno chiedere al Parlamento ’con messaggio motivato’ di deliberare di nuovo in materia, ai sensi dell’articolo 74 della Costituzione, pur sotto la spada di Damocle del termine dei sessanta giorni”. Secondo De Siervo in questa legge “appare assai preoccupante questa predilezione sanzionatoria nei riguardi dei deboli e verso coloro che intendono contestare l’assetto del potere esistente anche mediante forme di resistenza passiva. E c’è un’altra cosa che non convince: il molteplice rafforzamento dei poteri discrezionali dei corpi di vigilanza, mentre si riducono in modo significativo i controlli su di essi”.
Anche l’Organismo congressuale forense esprime una opinione nettamente contraria. Secondo il coordinatore Mario Scialla: “Il Dl conferma una linea politica che utilizza il diritto penale in modo simbolico e punitivo, non vi è alcun beneficio in termini di riduzione dei reati e si alimenta il teorema errato secondo il quale l’introduzione di reati e il ricorso alla detenzione in carcere risolvono i mali sociali”. Per Carlo Morace, responsabile del Gruppo Penale OCF: “L’aumento delle pene detentive e l’introduzione di nuovi reati e circostanze aggravanti rende sempre più complessa la difesa dell’innocente nel processo. Il decreto sicurezza introduce reati che colpiscono con identiche pene elevate fatti eterogenei e di diversa gravità. In più, il volto del diritto penale assume connotati securitari, la tutela della sicurezza travolge le libertà del singolo, si inasprisce la lotta al dissenso manifestato nelle piazze e la repressione colpisce anche soggetti deboli quali la madre di minori in tenera età, il detenuto ristretto in carceri che non garantiscono la dignità dell’uomo, le persone bisognose”.
L’Organismo Congressuale Forense aveva già espresso le proprie riserve in audizione parlamentare, sottolineando la pericolosità di un’impostazione che “considera nemico il cittadino invece che soggetto titolare di diritti”. L’introduzione di reati “mal definiti”, come la resistenza passiva in carcere o il blocco della circolazione durante le manifestazioni, “rischia di aprire la strada a un diritto penale costruito sull’indeterminatezza, in contrasto con i principi costituzionali e con la giurisprudenza della Corte Costituzionale”.
Le Camere penali critiche fin dall’inizio sono arrivate, ai primi di maggio, a deliberare l’astensione dalle udienze per “l’inutile introduzione di nuove ipotesi di reato”, per i “molteplici sproporzionati e ingiustificati aumenti di pena”, oltre alla “introduzione di aggravanti prive di alcun fondamento razionale”, e la “sostanziale criminalizzazione della marginalità e del dissenso”; oltre alla introduzione di nuove ostatività per l’applicazione di misure alternative alla detenzione, col “consequenziale aumento della popolazione carceraria”.