Polizze vita, col riscatto anticipato le somme tornano pignorabili (e confiscabili)
La Cassazione, n. 34306/2025, ha affermato la assoggettabilità a sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente delle somme sul conto corrente in relazione ad una ipotesi di riciclaggio
A seguito del recesso dell’assicurato, le somme derivanti dall’estinzione di una polizza assicurativa sulla vita, se non reinvestite in funzione previdenziale, diventano nuovamente assoggettabili a confisca. Lo ha stabilito la VI Sezione penale della Cassazione, sentenza n. 34306, confermando il sequestro preventivo di oltre 8mila euro disposto dal Tribunale di Macerata nei confronti di un uomo sottoposto ad indagini per riciclaggio (648-bis), per avere, in qualità di rappresentante di una Srl, compiuto operazioni idonee ad ostacolare l’accertamento di reati tributari.
Nel ricorso, l’indagato ha sostenuto l’impignorabilità della somma riversata sul proprio conto corrente in quanto ricavata dalla liquidazione di una polizza vita.
La Suprema corte ricorda che l’art. 1923 cod. civ., al comma 1, prescrive espressamente che “le somme dovute dall’assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare”. La finalità, spiega, trova fondamento nella funzione essenzialmente previdenziale e assistenziale dello strumento. Nel testo però si parla di “somme dovute dall’assicuratore” mentre nel caso affrontato erano state già riscosse e confuse sul conto corrente. La questione dunque è se l’impignorabilità possa riguardare, oltre alle somme versate in fase di accumulo, anche le somme riscosse. La giurisprudenza civile, ricorda la Corte, ha affrontato la questione “solo in rare occasioni”.
Il tribunale del riesame, dal canto suo, nella decisione impugnata, aveva ritenuto legittimo il sequestro preventivo ritenendo che la impignorabilità (art. 1923 cc) riguardasse solo la responsabilità civile e non anche quella penale. E la Suprema corte ricorda che la giurisprudenza penale ha più volte affermato che il sequestro preventivo “può avere ad oggetto una polizza assicurativa sulla vita dal momento che il divieto di sottoposizione ad azione esecutiva e cautelare stabilito dall’art. 1923 cod. civ. attiene esclusivamente alla definizione della garanzia patrimoniale a fronte della responsabilità civile e non riguarda la disciplina della responsabilità penale”.
Per la Cassazione però “si tratta di conclusioni che devono essere riviste” alla luce dei principi contenuti dalle S.U. Penali Cinaglia (26252/2022). Questa decisione ha infatti chiarito che “i limiti di impignorabilità delle somme spettanti a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a titolo di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengano luogo di pensione o di assegno di quiescenza, previsti dall’art. 545 cod. proc. civ., si applicano anche alla confisca per equivalente ed al sequestro ad essa finalizzato”.
L’art. 545 cod. proc. civ. rappresenta, sempre secondo le SU Cinaglia, “una regola generale dell’ordinamento processuale in considerazione della riconducibilità degli emolumenti pensionistici, nella misura impignorabile prevista da tale norma, nell’alveo dei diritti inalienabili della persona tutelati dall’art. 2 Cost., deve essere estesa alle somme (capitali e rendite) derivanti dalla liquidazione di una polizza vita cd. tradizionale, riconducibili alla nozione di ’indennità che tengono luogo di pensione’ alla quale fa riferimento l’art. 545 cod. proc. civ., avuto riguardo alla funzione tipica del contratto di assicurazione cui accedono”.
Dunque, nel caso in cui il contratto di assicurazione abbia raggiunto il suo scopo tipico, tali crediti, in quanto indennità equiparabili ai trattamenti pensionistici, di cui condividono la funzione, sono impignorabili nei limiti di cui all’art. 545, comma 7, cod. proc. civ.
Da qui l’affermazione del principio di diritto secondo cui “i limiti di impignorabilità delle somme spettanti a titolo a titolo di pensione, di indennità che tengano luogo di pensione o di assegno di quiescenza, previsti dall’art. 545 cod. proc. civ., si applicano anche alla confisca per equivalente ed al sequestro ad essa finalizzato avente ad oggetto i capitali e le rendite derivanti dalla liquidazione della polizza di assicurazione sulla vita cd. tradizionale ovvero dell’indennizzo conseguente al verificarsi dell’evento avendo gli stessi natura previdenziale e assistenziale”.
A diversa conclusione, prosegue la Cassazione, deve, invece, pervenirsi con riguardo alla somma sequestrata nel procedimento di cui si discute. Essa infatti “non costituisce oggetto della liquidazione della polizza-vita stipulata dal ricorrente al verificarsi dell’evento, ma consegue dal recesso dell’assicurato che, sulla base di una clausola contrattuale esercitabile ad nutum, ha recuperato al suo patrimonio somme che, pur avendo a suo tempo assolto alla funzione di risparmio, non realizzano, al momento e in forza del riscatto, anche la funzione assistenziale e previdenziale, invalidata per effetto della opzione rimessa all’assicurato di recedere dal contratto di assicurazione.
La funzione demografico-previdenziale del contratto assicurativo è di fatto venuta meno, senza che sia realizzato o possa realizzarsi lo scopo di precostituire la disponibilità di una somma ai familiari ovvero a terzi al momento della propria morte o sopravvenienza ad una certa data. Non vi è ragione, quindi, per assicurare alle somme così conseguite il “privilegio” della impignorabilità di cui all’art. 545 cod. proc. civ., che va letto nel quadro di un complessivo bilanciamento tra i principi in materia di responsabilità penale e gli interessi pubblicistici connessi alla tutela dei diritti inviolabili di cui agli artt. 2 e 38 Cost. che giustificano, nella descritta prospettiva costituzionale posta a base delle Sezioni Unite Cinaglia, la impignorabilità assoluta o relativa.
La decisione dunque rafforza l’orientamento costituzionalmente orientato alla tutela dei beni impignorabili ma limita la protezione alle somme effettivamente previdenziali, escludendo i riscatti volontari di polizze vita, e segnando così un punto di equilibrio tra tutela dei diritti fondamentali e repressione dei reati economici.