Sfratto, invasione di edificio per l’ex locatario rientrato dalla finestra
La Cassazione, sentenza n. 34341 depositata oggi, ha confermato anche il reato di violazione dei sigilli. No all’esimente dello stato di necessità per il vecchio inquilino
Scatta il reato di invasione di edifici (633 cp) e, nel caso, anche di violazione dei sigilli (349) per chi dopo essere stato allontanato da casa vi rientri abusivamente attraverso una finestra. Lo ribadisce la Corte di cassazione, con la sentenza n. 34341 depositata oggi, aggiungendo anche che non può applicarsi la scriminante dello stato di necessità a chi occupi per sopperire in via permanente alla mancanza di un alloggio.
Nel ricorso, l’imputata aveva sostenuto di non essere a conoscenza della re-immissione in possesso del proprietario ragion per cui non le poteva essere contestata l’invasione arbitraria, né tantomeno la violazione dei sigilli, non essendo a conoscenza della loro apposizione, mancandone “i segni esteriori”.
La Cassazione richiama la motivazione della Corte di appello di Reggio Calabria secondo cui secondo cui proprio l’ingresso dalla finestra dimostrava la piena consapevolezza dell’altruità del bene e dell’illegittimità della condotta. Mentre per la violazione dei sigilli, non è necessaria la loro distruzione essendo sufficiente la violazione del vincolo.
La II Sezione penale ha fatto proprio questo ragionamento osservando che la ricorrente “introducendosi nell’immobile dalla finestra, ha accettato il rischio di violare il vincolo di indisponibilità del bene a prescindere dalla conoscenza dell’ordine di rilascio”. La Corte ricorda infatti che l’elemento psicologico del reato di violazione di sigilli è configurabile anche nella forma del dolo eventuale, “non rilevando l’eventuale buona fede dell’agente cui incombe l’obbligo, nei casi dubbi, di interpellare il proprio difensore ovvero la stessa autorità procedente”.
Quanto, infine, alla mancata applicazione della esimente (art. 54 Cp), la Cassazione rammenta che l’occupazione abusiva di un immobile è scriminata dallo stato di necessità conseguente al pericolo di un danno grave alla persona. Esso, prosegue, può anche consistere nella compromissione del diritto di abitazione (o di altri diritti fondamentali riconosciuti dall’art. 2 Cost.), “sempre che ricorrano, per tutto il tempo dell’illecita occupazione, gli altri elementi costitutivi della scriminante, quali l’assoluta necessità della condotta e l’inevitabilità del pericolo”. Ne consegue che la scriminante può essere invocata “solo in relazione ad un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di reperire un alloggio al fine di risolvere in via definitiva la propria esigenza abitativa”.
Nel caso concreto, la donna aveva rifiutato di cercare una sistemazione alternativa fuori dal Comune di Riace, così certificando che “l’occupazione abusiva rispondeva a mere esigenze di convenienza personale, non suscettibili di valutazione ai fini dell’esimente”.