Amministrativo

Processo amministrativo, sì alla convalida dell'atto in corso di giudizio ma la Pa paga le spese di lite

Lo ha precisato il Consiglio di Stato con la sentenza 3385/2021

di Pietro Alessio Palumbo

Nel processo amministrativo al privato è oramai riconosciuta la possibilità di impugnare, mediante la proposizione di motivi aggiunti, tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti e connessi all'oggetto del ricorso stesso. L'interessato, quindi, nel corso del medesimo giudizio, ben potrà domandare, sia l'annullamento di un atto di convalida perché autonomamente viziato contestandone la stessa ammissibilità, sia l'annullamento dell'atto come convalidato, adducendone la persistente illegittimità. Questa soluzione a ben vedere è conforme a principi di effettività e concentrazione della tutela impressi nello stesso codice del processo amministrativo, i quali postulano il massimo ampliamento del contenuto di accertamento del giudicato amministrativo. Segnatamente tale canone processuale si realizza facendo confluire all'interno dello stesso rapporto processuale tutti gli aspetti della materia controversa dalla cui definizione possa derivare una risposta definitiva alla domanda del privato di acquisizione o conservazione di un certo bene della vita, evitando "sfiancanti" frazionamenti della medesima disputa. E quando l'Amministrazione conserva intatto il potere di riemanare un provvedimento con dispositivo identico a quello che risulterebbe annullato per mero difetto di motivazione, la combinazione di convalida e motivi aggiunti avverso l'atto di riesercizio del potere, è in grado di accrescere le potenzialità cognitive dell'azione di annullamento, consentendo di "focalizzare" l'accertamento, per successive approssimazioni, sull'intera vicenda di potere. La predetta possibilità di concentrazione, insomma, coniugando l'inesauribilità del potere amministrativo con il diritto di difesa, agevola entrambe le parti del giudizio. Se per un verso consente al ricorrente una più rapida ed efficace verifica della sua possibilità di risultato vantaggioso; per altro verso consente all'amministrazione di evitare annullamenti del tutto sovradimensionati rispetto alla reale consistenza dell'interesse materiale del privato, potendo dimostrare che l'insufficiente motivazione non ha alterato la fondatezza sostanziale della decisione. Tuttavia ha chiarito in proposito il Consiglio di Stato con la recente sentenza 3385/2021, l'ammissibilità di una motivazione successiva non comporta una sorta di "dequotazione" dell'obbligo motivazionale, sussistendo adeguati disincentivi alla sua inosservanza: sul piano individuale, restano ferme le ricadute negative sulla valutazione della performance dei funzionari; sul piano processuale, il giudice potrà accollare in tutto o in parte le spese di lite all'Amministrazione che pur non soccombente, abbia con il suo comportamento dato scaturigine alla controversia.

Il principio generale di economicità e conservazione
Il Giudice di palazzo Spada ha affrontato la questione della conservazione dell'atto amministrativo operata mediante un nuovo atto integrativo della motivazione insufficiente. La dottrina pubblicistica ha sempre ritenuto ammissibile il fenomeno della convalescenza dell'atto amministrativo. La possibilità per l'Amministrazione di concludere il riesame del proprio operato con una decisione di carattere conservativo trova fondamento nel principio generale di economicità e conservazione dei valori giuridici e nella garanzia del buon andamento dell'agire amministrativo. A seconda della specie di vizio da emendarsi, è stata nel corso del tempo elaborata una articolata catalogazione di atti ad esito confermativo, dei quali fanno parte: la conferma, la ratifica, la convalida, la rettifica, la conversione e la sanatoria. Sul piano della ricostruzione sistematica, l'insieme di tali istituti è stato ricompreso nella categoria dell'autotutela, ovvero della potestà generale dell'amministrazione di prevenire o risolvere le controversie sulla legittimità dei propri atti, inquadrandoli fra i procedimenti di secondo grado. In particolare, la pubblica amministrazione ha la facoltà di convalidare i propri atti affetti da vizi di legittimità, attraverso una manifestazione di volontà intesa ad eliminare il vizio da cui l'atto stesso è inficiato.

Convalida civilistica e convalida amministrativa
Al pari dell'istituto romanistico della convalida del contratto annullabile, la convalida amministrativa trae anch'essa origine dalla necessità di rimediare alla "rottura" del collegamento funzionale tra fattispecie concreta e fattispecie astratta, ma si distingue dall'omonimo istituto civilistico, in quanto: nel diritto privato, la convalida si attua attraverso atti e comportamenti negoziali della parte che potrebbe avvalersi dell'invalidità a proprio vantaggio; nel diritto amministrativo, invece il soggetto legittimato alla convalida è colui, l'apparato amministrativo, che intende prevenire o scongiurare l'azione di annullamento della controparte. Sul piano della dinamica giuridica infine la convalida non determina una modificazione strutturale del provvedimento viziato bensì il sorgere di una fattispecie complessa, derivante dalla "saldatura" con il provvedimento convalidato, fonte di una sintesi effettuale autonoma.

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