Lavoro

Sanzioni disciplinari: non è negligente il portalettere che non consegna tutti i prodotti postali

L'assegnazione di un'area di consegna troppo vasta esclude la negligenza del portalettere che non riesce a consegnare tutti i prodotti postali, è quanto stabilito dal Tribunale di Grosseto con la sentenza n. 171 del 24 novembre 2021.

di Lorenzo Gigliati

Premessa

L'interessante sentenza in commento si viene a pronunciare sul caso di una sanzione disciplinare comminata ad un portalettere per non aver consegnato tutti i prodotti postali a questi assegnati.

La difesa del portalettere, ritenuta condivisibile e meritevole di accoglimento, si era fondata sul riconoscimento dell'impossibilità di adempiere correttamente alle direttive datoriali poiché il lavoratore non era stato posto nelle obiettive condizioni di poter raggiungere i risultati richiesti.

Il Tribunale di Grosseto, dunque, chiamato a pronunciarsi sul ricorso, ha ritenuto esente da critiche la condotta del lavoratore ed ha annullato la sanzione disciplinare comminata allo stesso.

La diligenza del prestatore di lavoro ex art. 2104 c.c.

Come noto, il prestatore di lavoro deve svolgere la propria prestazione con la dovuta diligenza. Ove si dimostri negligente e non adempia correttamente alla propria obbligazione, il datore di lavoro può esercitare la propria potestà disciplinare ed avviare il relativo procedimento.
La sentenza in commento, però, ci mostra come non si possa ritenere negligente il lavoratore che, nell'obbedire alle direttive datoriali, non sia posto nelle condizioni di poter adempiere correttamente all'obbligazione assunta.

Nel caso di specie, dunque, il Tribunale di Grosseto ha osservato, con accertamento in fatto, tanto che la zona di consegna assegnata al portalettere era troppo vasta ed a vocazione agricola, con conseguenti limitazioni alla circolazione, quanto che il datore di lavoro aveva omesso di indicare a quali prodotti postali dare la precedenza.

Il ragionamento seguito, nonostante si riferisca al settore postale, è però applicabile in via generalizzata ed astratta ad ogni ipotesi in cui il datore di lavoro assegni al lavoratore mansioni oggettivamente sproporzionate tanto rispetto alle capacità dello stesso quanto ai mezzi messi a disposizione.

L'accertamento dell'inadempimento alla prestazione lavorativa imputabile alle direttive datoriali, però, è un accertamento in fatto che dovrà essere apprezzato dal Giudice di merito e che dovrà essere oggetto di idonea prova onde dimostrare, effettivamente, il carattere eccessivo e sproporzionato delle mansioni richieste. Spetterà al datore di lavoro dimostrare se il comportamento preteso fosse in concreto assolvibile o no.

La sentenza in commento si pone in linea con la costante giurisprudenza per la quale lavoratore non è obbligato al raggiungimento di un risultato, ma all'esplicazione delle proprie energie, nei modi e nei tempi stabiliti, purché la prestazione sia comunque eseguita con quella diligenza e quella professionalità proprie delle mansioni svolte (in tal senso, tra le prime pronunce si pensi alla Cass. civ. Sez. lavoro, 20/08/1991, n. 8973, pur se afferente al diverso caso di licenziamento del lavoratore per cd. scarso rendimento). Corollario di tale tesi è che, nell'ipotesi di scarso rendimento, l'inadempimento del lavoratore deve essere provato dal datore con specifico riguardo alla negligenza dello stesso, potendo dipendere l'inadeguatezza della prestazione resa dalla stessa organizzazione dell'impresa o, comunque, da fattori non imputabili a colpa del lavoratore.

E così, infatti, è stato nel caso di specie laddove è stato osservato che il parziale inadempimento della prestazione lavorativa ad oggetto della sentenza in commento avveniva per cause non imputabili al lavoratore quale la carenza di risorse umane, l'assenza per infortunio di una collega – chiamata poi quale testimone – e il conseguenziale aumento della mole di lavoro.

Conclusioni: dovere di obbedienza ed inefficacia delle direttive datoriali.


L'esercizio del potere direttivo, correlato al rispettivo dovere di obbedienza del lavoratore, costituisce il nucleo fondamentale della subordinazione del rapporto di lavoro del prestatore di lavoro e rappresenta la relazione di dipendenza tra le parti: è la stessa definizione codicistica dell'art. 2094 c.c. e dell'art. 2086 c.c. a sostenere tale affermazione.

Il dovere di obbedienza è funzionale sia alla realizzazione tecnica del risultato cui il lavoratore è tenuto, sia alla garanzia di una puntuale ed esatta esecuzione della prestazione, quale viene specificata da parte del datore di lavoro mediante gli atti di esercizio del potere direttivo. È, infatti, tramite l'impartire di specifiche disposizioni che vengono individuate le modalità di esercizio della prestazione.

Se dalle modalità di esercizio della prestazione di lavoro deriva un'inefficienza del servizio reso, la responsabilità non può essere certamente attribuita al lavoratore che si è limitato ad operare secondo le direttive datoriali ma si dovrà valutare in concreto l'efficacia e l'efficienza delle stesse, non potendosi sic et simpliciter definire negligente la condotta del lavoratore ossequioso delle direttive datoriali.

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