Penale

Sequestro probatorio e Covid: per la Suprema corte non opera il rinvio d'ufficio delle udienze

Così la sentenza n. 31841/2020, che esclude l'operatività della sospensione contemplata dall'articolo 83, comma 3, lettera b), n. 2, del Dl Cura Italia

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di Aldo Natalini

 Processo penale e normativa anti-Covid al cospetto dei giudici di legittimità. Il riesame di sequestro probatorio rientra tra i “procedimenti in cui sono state applicate misure cautelari” per le quali, ai sensi dell’articolo 83, comma 3, lettera b), n. 2, del decreto legge Cura Italia, in presenza di richiesta dell’interessato, non opera il rinvio d’ufficio delle udienze, in quanto la misura – sebbene abbia una collocazione codicistica differente dalle misure cautelari reali (trattandosi di mezzo di acquisizione della prova) – impone comunque un vincolo reale sul bene e, analogamente alle misure reali, è soggetta allo stesso rimedio processuale.

Così la sentenza n. 31841/2020 della quinta sezione penale della Cassazione, con depositata il 12 novembre scorso, che esclude l’operatività della sospensione contemplata dalla normativa emergenziale, ritenendosi in ogni caso da trattare la richiesta di riesame di sequestro probatorio, all’esito di udienza camerale – come in effetti accaduto nella vicenda di specie, in presenza di una richiesta in tal senso – poiché anche i rimedi avverso il sequestro probatorio (o la sua convalida) devono annoverarsi tra le ipotesi eccettuative contemplate dall’articolo 83, comma 3, lettera b), n. 2, del Dl Cura Italia (che imponevano comunque la trattazione in deroga al generale regime sospensivo).

I Supremi giudici tornano dunque sull’esegesi della disciplina eccezionale introdotta, per la “fase 1” dell’emergenza sanitaria, dal decreto legge Cura Italia. Già qualche settimana fa, con la sentenza n. 29208/2020, gli “ermellini” del Palazzaccio avevano precisato che il lockdown della scorsa primavera ha bloccato i termini di scadenza delle misure cautelari anche nel procedimento dinanzi al Tribunale della libertà (vedi Nt plus Dirittodel 2 novembre scorso), mentre con la sentenza n. 28963/2020, sempre a proposito dell’articolo 83 del Dl n. 18/2020, avevano ritenuto che la sospensione dei termini processuali ivi prevista applicabile anche all’interrogatorio di garanzia, trattandosi di adempimento “ad urgenza relativa” la cui assunzione doveva avvenire entro il periodo di vigenza della sospensione ed a condizione che l’indagato non avesse espressamente richiesto l’espletamento di tale incombente (vedi Nt Plus Diritto del 27 ottobre 2020).

 

Il distinguo tra procedimenti ad urgenza “assoluta” e “relativa”

Lo stop dei processi (civili e penali), della prescrizione e dei termini per il compimento di qualsiasi atto allora disposto - in pieno lockdown - dal 9 marzo al 15 aprile 2020 dall’articolo 83, comma 2, del Dl n. 18/2020, convertito, con modificazioni, in legge n. 27/2020, e successivamente prorogato fino all’11 maggio 2020 per effetto dell’articolo 36, comma 1, del Dl n. 23/2020, convertito, con modificazioni, in legge n. 70/2020) non riguardava alcune ipotesi. Il successivo comma 3 del citato articolo 83 escludeva il rinvio d’ufficio delle udienze penali, tra l’altro, nei seguenti casi:

- procedimenti di convalida dell’arresto o del fermo o dell’ordine di allontanamento immediato dalla casa familiare;

- procedimenti nei quali nel periodo di sospensione scadevano i termini di custodia cui all’articolo 304 del Cpp;

- procedimenti in cui sono state applicate misure di sicurezza detentive o era pendente la richiesta di applicazione di misure di sicurezza detentive;

- quando i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori espressamente avessero richiesto procedersi anche nei:

1) procedimenti a carico di persone detenute, salvo i casi di sospensione cautelativa delle misure alternative;  

2) procedimenti in cui sono applicate misure cautelari o di sicurezza;

3) procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione o nei quali sono disposte misure di prevenzione.

Nel solco di queste previsioni emergenziali sul rinvio delle udienze e sulla sospensione dei termini procedurali (già disposte dal primo Dl n. 11/2020), la dottrina aveva distinto tra procedimenti:

- ad “urgenza assoluta”, da trattare in ogni caso anche nel suddetto periodo di sospensione, tra i quali rientravano, come visto: i procedimenti di convalida dell’arresto, del fermo e dell’ordine di allontanamento della casa familiare ovvero quelli di applicazione delle misure di sicurezza detentive (articolo 83, comma 3, lettera b, prima parte, del citato Dl n. 18/2020); 

- ad “urgenza relativa”, da trattare solo ad istanza di parte «quando i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori richiedono che si proceda» (articolo 83, comma 3, lettera b, seconda parte, del citato Dl n. 18/2020) con riferimento ai procedimenti, per l’appunto, a carico di persone detenute, quelli in cui sono applicate misure cautelari o di sicurezza, quelli per l’applicazione di misure di prevenzione e quelli in cui tali misure sono state disposte, nonché i procedimenti che presentano carattere di urgenza.

 

Il dictum: il riesame di sequestro preventivo è atto “ad urgenza differita”

Entro questa distinzione, la sentenza annotata esclude colloca oggi il procedimento di riesame avverso un decreto di sequestro probatorio (o di convalida di esso) tra le fattispecie ad “urgenza relativa”, che andavano trattate in presenza di espressa richiesta in tal senso, con conseguente inoperatività della sospensione del procedimento prevista dal comma 2 del citato articolo 83.

A tali condivisibili conclusioni la Corte regolatrice perviene oggi richiamando quell’autorevole arresto nomofilattico – convenzionalmente e costituzionalmente orientato – che ha valorizzato l’identità dei rimedi processuali esperibili in materia di sequestro probatorio e di sequestro preventivo, a prescindere dalle diverse finalità che l’autorità giudiziaria abbia inteso perseguire con l’imposizione del vincolo reale (vedi Cassazione, sezioni Unite penali, n. 40847/2019, Ced 276690).

Se unico è rimedio previsto dalla legge processuale per tutte le ipotesi di sequestro, allora anche il riesame interposto avverso un decreto di sequestro probatorio (ovvero di convalida di esso) deve essere oggetto di trattazione, in presenza della richiesta prevista dalla normativa approntata per la “fase 1”, potendosi affermare – conclude la sentenza annotata – che il legislatore emergenziale «non abbia voluto estromettere dalla possibilità di tutela in giudizio anche nel periodo de quo solo taluni soggetti i cui beni sono stati sottoposti a vincolo reale e potendosi perciò ritenere il riferimento alle “ misure cautelari reali ” comprensivo di qualsivoglia provvedimento di sequestro.

D’altra parte – conclude significativamente la Corte – «se in forza dell’esposta interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata non si ritenesse la giustiziabilità, anche nel periodo previsto dall’articolo 83 nel testo sopra richiamato, delle doglianze relative solo a tali ipotesi di sequestro (in quanto non annoverabile tra le misure cautelari reali), alla luce delle sopra osservate comunanze tra tutte le ipotesi di vincolo reale previste dal codice di procedura penale, si paleserebbe una violazione quantomeno del principio di uguaglianza (articolo 3 Costituzione) che dovrebbe essere rimessa all’esame della Corte Costituzionale e che l’esegesi sistematica e teleologica sopra esposta impone invece di non sollevare» (vedi Corte Costituzionale n. 147/2008; Id., n. 456/1989; Cassazione, sezione I penale, n. 1943/1982, Ced 155965).

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