Abusivo esercizio della professione medica all’estetista che usa da sé la luce pulsata
La Cassazione conferma la rilevanza di dispositivo medico dell’apparecchio per il principio di precauzione di derivazione Ue così confermando la misura cautelare impeditiva applicata in base al fumus del reato
L’uso estetico del macchinario a luce pulsata effettuato da persona non medico fa scattare il reato di esercizio abusivo della professione medica a norma dell’articolo 348 del Codice penale. Quindi per la Cassazione l’estetista che utilizzi il macchinario senza neanche la contemporanea assistenza di un medico viola la norma incriminatrice soprattutto se effettua da sé l’anamnesi che precede il primo utilizzo e poi svolge direttamente la prima applicazione sul cliente.
Nel rigettare il ricorso contro la condanna la sentenza n. 15742/2025 della Cassazione penale appare però recepire almeno in parte le perplessità espresse dalla difesa sul sistema di norme e regole adottate in Italia nel recepire le disposizioni del Regolamento Ue del 2017 che regolano l’uso dei dispositivi medici nel campo della salute umana. La perplessità deriva dalla constatazione del fatto che il Registro nazionale dei dispositivi medici posti in commercio in Italia messo in campo nel 2022 sia di fatto alimentato dall’inserimento di un dato strumento nella lista ad hoc per mano e iniziativa dello stesso fabbricante. Lasciando perciò il dubbio di chi debba garantire l’esattezza dell’avvenuto inserimento di un dispositivo nel suddetto registro.
Nel confermare la condanna la Cassazione usa un’espressione atipica: sussiste il fumus del reato sufficiente alla misura dl sequestro dell’apparecchio, nonostante le perplessità sulla sua natura, allo stato attuale, vista l’indicazione solo ministeriale - cioè subprimaria - degli strumenti che utilizzano la luce pulsata come involgenti aspetti della salute umana. E preso atto che lo specifico apparecchio di cui si discute nella causa non risulti specificamente individuato nell’elenco dei dispositivi medici va comunque confermata l’abusività della condotta di chi non medico somministri il trattamento estetico con la luce pulsata.
Perplessità che però, come spiega la sentenza, vanno superate a fronte di una legittima applicazione del principio di precauzione di derivazione comunitaria. Ossia che quando permangano dubbi o manchino conclusioni scientificamente esatte sull’impatto o il coinvolgimento della salute umana nell’utilizzo di uno strumento, ciò depone per la necessità appunto precauzionale che sia un medico a procedere direttamente sulla persona e a raccogliere i dati preventivi e le valutazioni conseguenti sull’idoneità dell’uso nel caso specifico. In particolare, nella vicenda, sotto questo ultimo aspetto è stato considerato rilevante il fatto che l’uso della luce pulsata richiedesse da manuale allegato allo strumento informazioni sulla persona da sottoporre al trattamento estetico al fine di ottenere un’anamnesi che è attività che per sicurezza va lasciata alla competenza di un medico.
La vicenda analizza un caso ormai diffuso di sovrapposizione tra attività medica ed estetica in quanto quest’ultima non è di per sé esclusa dall’ambito scientifico della medicina, come nel caso più chiaro di un intervento estetico chirurgico che nessuno può obiettare che vada praticato esclusivamente da un medico specializzato al di là del fine per cui operi.