Detenzione domiciliare al padre per cura dei figli se la moglie non può sacrificare la professione
La condizione di donna che lavora non rende inammissibile l’istanza del padre detenuto se ella per occuparsi di due bambini piccoli è costretta a ridurre considerevolmente l’attività di avvocato e rischia di perdere la clientela
L’istanza di detenzione domiciliare speciale per l’assistenza e la cura dei figli non può essere rigettata de plano senza contraddittorio con il padre detenuto che la richieda assistito dal proprio difensore.
Così la Corte di cassazione penale ha accolto il ricorso - con la sentenza n. 24362/2025 - contro la decisione del tribunale di sorveglianza che riteneva inammissibile l’istanza, sia perché emergeva che la madre dei bambini non fosse priva di occupazione lavorativa sia perché era carente la documentazione sul percorso carcerario intrapreso dal richiedente. La Cassazione, infatti, rileva che il giudice ha errato nel non aver attivato doverosamente i propri poteri istruttori al fine di integrare gli elementi da porre a base del giudizio che era chiamato a svolgere. La questione posta all’attenzione del magistrato di sorveglianza era stata respinta de plano per l’assenza di profili individualizzanti la personalità del richiedente. Mentre il tribunale l’aveva ugualmente respinta come inammissibile in quanto la richiesta asseriva che la madre non lavorasse facendo decadere il presupposto della necessaria presenza in casa del padre per occuparsi dei figli. In più nessuno di due giudici aveva tenuto conto dell’indagine sociofamiliare dell’Uepe sulle condizioni della famiglia e in particolare sulla circostanza che la madre avvocato non poteva dedicarsi compiutamente all’attività professionale facendo decadere il reddito familiare come dimostrato dalla dichiarazione dei redditi.
Le sviste documentali come la mancata presa in considerazione da parte di entrambi i giudici della relazione dell’ufficio competente in materia o l’errata lettura del dato relativo alla condizione di madre lavoratrice o meno erano tutte oggetto dei poteri istruttori del giudice a garanzia della completezza degli elementi del giudizio da assumere e imponevano un’interlocuzione in contraddittorio con la parte e il proprio difensore. Ciò non consentiva - a fronte dell’inerzia dei giudici e della svista del tribunale - di dichiarare inammissibile la domanda di detenzione speciale.
È, infatti, affetta da nullità la decisione di inammissibilità che non sia fondata su manifesta infondatezza o reiterazione di istanza uguale e già rigettata.
Infine, va detto che la difesa fa validamente rilevare con memoria ad hoc che la recente decisione della Consulta adottata nello scorso aprile ha acclarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 47 quinquies dell’ordinamento penitenziario dove poneva come presupposto della concessione della detenzione domiciliare al padre chiamato a sostituire la cura della madre verso i figli, ma solo in assenza di altre figure di riferimento. Ciò in quanto, ove possibile, va sempre data precedenza alla figura paterna nell’accudimento dei figli. Come tra l’altro già accade per altri istituti giuridici fondati sulla necessità di garantire la presenza genitoriale al fianco della prole minorenne.