Penale

No al carcere preventivo per il minore che tenta di uccidere la madre se indotto dal contesto

La dosimetria delle misure limitative della libertà personale deve rispettare il canone della sufficienza e delle prospettive di recupero per cui va valutata dai giudici la proposta di accoglienza da parte di familiari

immagine non disponibile

di Paola Rossi

La detenzione cautelare nei confronti di un minore che abbia tentato di uccidere la madre non è automaticamente la misura restrittiva più adeguata se non è stato svolto un approfondito esame delle condizioni socio-familiari in cui è stato commesso il delitto. L’adeguatezza della misura cautelare va fondata essenzialmente sulla pericolosità sociale manifestata dal reo per quanto minorenne e sulla capacità di impedire la reiterazione del reato. Inoltre, la cautela decisa dal giudice deve essere commisurata alle prospettive di recupero del colpevole.

Così la Cassazione penale - con la sentenza n. 24512/2025 - a rinviato al giudice cautelare la decisione che aveva applicato al ricorrente accusato di tentato matricidio la carcerazione preventiva in quanto era mancata sia in sede di applicazione della misura sia in sede di reclamo una doverosa valutazione del contesto in cui era maturata l’ideazione e la commissione del reato.

Nel caso concreto il minorenne aveva tentato di uccidere la madre “maltrattante” all’interno di una comunità di assistenza sociale dove erano ospitati. A entrambi i genitori era stata sospesa la potestà genitoriale e la madre si era resa responsabile di maltrattamenti verso il ricorrente e gli altri due figli accolti anche essi nella struttura. L’aspirante matricida nutriva odio per la madre in quanto ne aveva subito i maltrattamenti e anche perché la riteneva responsabile del suo allontanamento dal padre.

Ciò può portare, in effetti, a escludere che la pericolosità manifestata in quello che era ancora comunque il suo ambito familiare potesse ripresentarsi. Per cui ha sbagliato il tribunale a non dare sufficiente rilievo alla manifestata volontà di alcuni parenti del ricorrente di accoglierlo in casa propria al fine di accertare se una detenzione domiciliare potesse essere o meno misura adeguata e sufficiente a raggiungere lo scopo della cautela. Infatti, qualsiasi misura cautelare in particolare quelle limitative della libertà personale devono essere proporzionate allo scopo e non possono essere inutilmente più gravose.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©