Penale

Fine vita, c’è il testo base - Opposizioni in rivolta: è peggiorativo

L’articolo 2 aggiunge un comma all’articolo 580 del Cp sull’aiuto al suicidio prevedendo una speciale esimente al ricorrere di una serie di requisiti. L’esame nelle Commissioni riunite del Senato

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di Francesco Machina Grifeo

La persona che chiede l’aiuto al suicidio deve essere inserita in un “percorso di cure palliative” e tenuta in vita da “trattamenti sostitutivi di funzioni vitali”. Le Commissioni riunite Giustizia e Affari sociali del Senato hanno adottato a maggioranza un testo base sul fine vita, e questo è uno dei passaggi più controversi. “Peggiorativo”, rispetto ai dettami della Consulta, per le opposizioni; “di garanzia” per la maggioranza.

Il termine degli emendamenti è fissato per martedì 8 luglio alle ore 11. “Siamo pronti a portare a termine il nostro lavoro per la scadenza del 17 luglio”, ha spiegato il relatore Zullo (FdI), facendo riferimento alla data prevista per l’approdo del Ddl in Aula al Senato. Le opposizioni hanno votato contro.

Secondo Alfredo Bazoli, senatore Pd, il testo è nell’ordine “insoddisfacente”, “offensivo”, “classista” e “addirittura peggiorativo dello status quo”. Per Pierantonio Zanettin, relatore del provvedimento e senatore di Forza Italia: “Dopo anni in cui si tenta di varare una legge sul fine vita, noi ci vogliamo provare”. Il terreno di scontro è ampio e investe anche il ruolo di medici e ospedali pubblici. All’ultimo articolo, infatti, il Ddl nega che possa essere usato “personale diretto, farmaci e strumentazioni”. Mariolina Castellone del M5s chiede: “Dove dovrebbero svolgersi questi percorsi? In strutture private a pagamento? E a opera di chi?”.

L’articolo chiave però è il numero 2 che modifica l’articolo 580 del codice penale sull’aiuto al suicidio inserendo un terzo comma. Il testo prevede che “Non è punibile chi agevola l’esecuzione del proposito di cui al presente articolo, formatosi in modo libero, autonomo e consapevole, di una persona maggiorenne, inserita nel percorso di cure palliative, tenuta in vita da trattamenti sostitutivi di funzioni vitali e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili, ma pienamente capace di intendere e di volere, le cui condizioni siano state accertate dal Comitato nazionale di valutazione di cui all’articolo 9-bis della legge 23 dicembre 1978, n. 833”.

Per le opposizioni si tratta di criteri più restrittivi di quelli indicati nelle sentenze della Corte costituzionale. Secondo il Senatore Bazoli l’esimente per cui la persona sia “tenuta in vita da trattamenti sostitutivi di funzioni vitali”, introduce un paletto ulteriore rispetto a quanto previsto dalla Corte costituzionale che ha sempre fatto riferimento a “trattamenti di sostegno vitale”.

Sul punto, va ricordato che la Consulta con la recentissima sentenza n. 66 del 20 maggio scorso ha chiarito che il requisito per cui il paziente dipenda da un trattamento di sostegno vitale è integrato già quando vi sia l’indicazione medica della necessità di un tale trattamento allo scopo di assicurare l’espletamento delle sue funzioni vitali. Non è dunque necessario che il paziente sia tenuto a iniziare il trattamento al solo scopo di poter poi essere aiutato a morire.

Non solo, per Bazoli “anche il tema delle cure palliative è inserito nel testo in un modo che può dar adito a interpretazioni discutibili soprattutto nelle regioni dove la possibilità di poterle effettuare non sempre è garantita”.

Per quanto riguarda la composizione e i compiti del Comitato nazionale di valutazione chiamato a vagliare le richieste di suicidio assistito, per le opposizioni la composizione dovrebbe essere sottratta a qualunque orientamento di carattere politico. Ed anche il numero di 7 membri è inadeguato in quanto più che un esame cartolare delle richieste, il collegio dovrebbe svolgere una valutazione e un accertamento personale. Troppo lunghi poi anche i tempi per la decisione, così come eccessivo è il termine di 6 mesi per ripresentare la richiesta in caso di diniego. Infine, è sbagliata l’esclusione del servizio sanitario nazionale da procedure di questa natura, anche considerato che le sentenze della Corte costituzionale prefigurano come essenziale l’intervento del servizio sanitario nazionale proprio come cornice di garanzia.

Il braccio di ferro si giocherà sugli emendamenti. Il rischio è che si arrivi in Aula il 17 luglio con un testo per niente condiviso, ma che la maggioranza potrà rivendicare come la prima legge sul fine vita, da sempre invocata a sinistra ma realizzata a destra.

In sintesi, l’articolo 1 afferma che la vita è un diritto fondamentale, inviolabile e indisponibile. E che ogni atto (civile o amministrativo) contrario è nullo, salvo quanto previsto più avanti.

L’articolo 2 modifica dell’art. 580 del Codice Penale affermando che non è punibile chi aiuta una persona a morire se sussistono le seguenti condizioni: la persona è maggiorenne, capace di intendere e volere; ha espresso una decisione libera, autonoma e consapevole; è inserita in un percorso di cure palliative; è tenuta in vita da trattamenti sostitutivi di funzioni vitali; è affetta da una patologia irreversibile, con sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili. Tali condizioni sono verificate dal Comitato nazionale di valutazione.

L’articolo 3 è sul rafforzamento delle cure palliative. L’obiettivo è raggiungere il 90% della popolazione interessata entro il 2028. A questo proposito le regioni devono presentare piani di potenziamento. Se non lo fanno interviene l’AGENAS (osservatorio e monitoraggio); può essere nominato un commissario ad acta per garantire l’attuazione degli standard. Inoltre le risorse dedicate non possono essere usate per altri scopi e i residui devono essere restituiti allo Stato.

L’articolo 4 regola il Comitato nazionale di valutazione. Si chiarisce che si tratta di un Organo collegiale composto da 7 esperti (giurista, bioeticista, medici, psicologo, infermiere). Esso ha il compito di: verificare se una persona ha i requisiti per accedere alla morte medicalmente assistita; rilasciare un parere obbligatorio ma non vincolante per l’autorità giudiziaria. Deve pronunciarsi entro 60 giorni (prorogabili in casi specifici). Il parere può essere usato in sede penale per valutare la non punibilità dell’aiuto al suicidio.

Inoltre, il SSN non può essere direttamente coinvolto nell’agevolazione della morte assistita. E vengono espressamente escluse dall’uso per questi scopi le risorse umane, farmaci e strumenti del SSN.

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