Penale

Covid-19: la sospensione dei termini procedurali durante la “fase 1” si applica anche all’interrogatorio di garanzia

Per la Cassazione, sentenza n. 28936/2020, è un atto “ad urgenza relativa”, non assimilabile alla convalida dell'arresto

di Aldo Natalini

Covid-19: la sospensione dei termini processuali prevista dal 9 marzo al 15 aprile in ragione dell’emergenza sanitaria dall’articolo 83, comma 2, del Dl n. 18/2020 (cosiddetto “Cura Italia”), convertito, con modificazioni, in legge n. 27/2020, poi estesa all’11 maggio 2020, si applica anche all’interrogatorio di garanzia, non rientrante tra i procedimenti “ad urgenza assoluta” e la cui assunzione doveva avvenire entro il periodo di vigenza della sospensione ed a condizione che l’indagato non avesse espressamente richiesto l’espletamento di tale incombente ai sensi del successivo comma 3, lettera c), dello stesso articolo.

Così la sezione II penale della Cassazione che, con la sentenza n. 28936/2020, depositata lo scorso 19 ottobre, ha anche ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del citato articolo 83, comma 3, lettera c), del Dl Cura Italia, in relazione agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione, nell’interpretazione per cui, nel periodo emergenziale, la sospensione dei termini stabiliti per le indagini preliminari si applica anche al termine previsto per l’interrogatorio di

garanzia (salvo richiesta dell’interessato).

 

La vicenda di specie: il mancato interrogatorio durante la “fase 1”

Nel caso di specie, in piena “fase 1” dell’emergenza sanitaria, all’applicazione della misura degli arresti domiciliari a carico di un indagato, eseguita il 17 aprile 2020, non era seguito l’espletamento dell’interrogatorio di garanzia nei successivi dieci giorni.

Sia il Gip - adito in appello dalla difesa - che il tribunale del riesame avevano ritenuto che il decorso del suddetto termine fosse stato sospeso per effetto delle disposizioni emergenziali dettate, in conseguenza dell’esplodere dell’epidemia da Covid-19, dall’articolo 83, comma 2, del Dl n. 18/2020 (Cura Italia), convertito, con modificazioni, in legge n. 27/2020 (che sospendeva dal 9 marzo al 15 aprile 2020 - e poi fino all’11 maggio 2020 per effetto dell’articolo 35 del Dl n. 23/2020 - i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari secondo cui e, in genere, tutti i termini procedurali).

I giudici de libertate, pur dando atto di una situazione di incertezza interpretativa sulla normativa emergenziale, avevano in ogni caso escluso qualsiasi compromissione dei diritti difensivi valorizzando, da un lato, la possibilità - riconosciuta dalle medesime disposizioni emergenziali al soggetto gravato da misura ed al suo difensore - di chiedere l’immediato espletamento dell’atto processuale; dall’altro, l’espletamento dell’interrogatorio (nella specie in data 15 maggio 2020) una volta cessato il periodo di sospensione.

 

La sospensione ex lege dei termini procedurali

La Suprema corte con la sentenza annotata, nel rigettare il ricorso dell’indagato, condivide la lettura data dal tribunale del riesame nella gravata decisione escludendo la propugnata tesi difensiva dell’assimilabilità dell’interrogatorio di garanzia alla convalida dell’arresto (atto che avrebbe dovuto comunque celebrarsi).

Nel vagliare le norme processuali varate durante la cosiddetta “fase 1” per governare l’attività giudiziaria - temporaneamente ridotta per fronteggiare l’aggravamento della pandemia, con alcuni importanti snodi processuali della residuale attività non sospesa - la Cassazione ha preso in considerazione per la prima volta le norme che hanno disposto, oltre al rinvio delle udienze, la sospensione ex lege del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto nei procedimenti penali.

Tale sospensione, già prevista dal Dl n. 11/2020 per il periodo compreso tra il 9 e il 22 marzo 2020, è stata ribadita dall’articolo 83, comma 2, del Dl n. 18/2020, convertito, con modificazioni, in legge n. 27/2020, che ne ha esteso la durata - con intenti ritenuti dalla Corte regolatrice “all’evidenza omnicomprensivi”, salvo eccezioni - al periodo compreso dal 9 marzo al 15 aprile, periodo ulteriormente ampliato fino all’11 maggio 2020 dall’articolo 36 del Dl n. 23/2020.

 

Il distinguo tra procedimenti ad urgenza “assoluta” e “relativa”

Nel settore penale, la dottrina, nel solco delle previsioni emergenziali sul rinvio delle udienze e sulla sospensione dei termini procedurali (vedi già Dl n. 11/2020), ha distinto tra procedimenti:

- ad “urgenza assoluta”, da trattare in ogni caso anche nel suddetto periodo di sospensione, tra i quali rientravano, per espressa previsione: i procedimenti di convalida dell’arresto, del fermo e dell’ordine di allontanamento della casa familiare; di applicazione delle misure di sicurezza detentive; di estradizione all’estero in applicazione di Mae (articolo 83, comma 3, lettera b, prima parte, del citato Dl n. 18/2020);  

- ad “urgenza relativa”, da trattare solo ad istanza di parte «quando i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori richiedono che si proceda» (articolo 83, comma 3, lettera b, seconda parte, del citato Dl n. 18/2020) con riferimento ai procedimenti, per l’appunto, a carico di persone detenute, quelli in cui sono applicate misure cautelari o di sicurezza, quelli per l’applicazione di misure di prevenzione e quelli in cui tali misure sono state disposte, nonché i procedimenti che presentano carattere di urgenza.

 

Il dictum: l’interrogatorio di garanzia è atto “ad urgenza differita”

Entro questa distinzione, la sentenza annotata esclude che il procedimento incidentale ex articolo 294 del Cpp rientri - come sostenuto dalla difesa - in quelli “ad urgenza assoluta” da trattare in ogni caso, ostandovi la natura tassativa dell’elenco delle eccezioni individuate dal legislatore dell’emergenza.

A tali condivisibili conclusioni la Corte regolatrice è pervenuta non solo sulla base dei generali canoni interpretativi (articolo 14 delle preleggi), ma anche alla luce della stessa evoluzione della normativa emergenziale, ricordando come in sede di conversione del Dl Cura Italia, l’originario elenco dei procedimenti ad urgenza assoluta sia stato integrato con l’inserimento dei procedimenti di convalida dell’ordine di allontanamento dalla casa familiare e di quelli in tema di Mae. Sicché - giocoforza - il silenzio sulle scansioni procedimentali di cui all’articolo 294 del Cpp «non può che essere interpretato come una chiara indicazione della volontà del legislatore di non includere, tra i procedimenti “ad urgenza assoluta”, quelli in cui si rende necessario procedere all’interrogatorio di garanzia».  

Pur presentando indubbiamente connotazioni di urgenza, correlate al pieno ed effettivo espletamento del diritto di difesa - argomenta la Cassazione - l’interrogatorio di garanzia, che garantisce all’indagato la possibilità di “confrontarsi” in tempi rapidi con il giudice che ha emesso la misura (e, quindi, di allegare elementi utili ad una favorevole revisione del quadro cautelare) si differenzia nettamente dal procedimento di convalida perché presuppone un provvedimento coercitivo del giudice che, nell’altro caso, non è ancora intervenuto: la funzione del procedimento di convalida è anzi proprio quella di verificare, con l’indefettibile immediatezza delineata dall’articolo 13 della Costituzione, la legittimità delle limitazioni della libertà personale poste in essere prima dell’intervento dell’autorità giudiziaria (nel senso che non è necessario l’interrogatorio di garanzia nell’ipotesi di misura disposta dopo la sentenza di condanna, v. Cassazione, sezioni Unite penali, n. 19180/2009, Ced 2430289, ovvero eseguita nel dibattimento, v. Cassazione, sezione VI penale, n. 49995/2017, Ced 271582, ovvero quando il titolo cautelare sia stato emesso dal tribunale in accoglimento dell’appello del Pm ex articolo 310 del Cpp, v. Cassazione, sezioni Unite penali, n. 17274/2020, Ced 279281).

In definitiva, il procedimento penale in cui è necessario procedere all’interrogatorio di garanzia rientra indiscutibilmente tra quelli “ad urgenza relativa”, rispetto ai quali la decisione di sottoporsi all’interrogatorio, anche nel periodo di sospensione generalizzata dell’attività giudiziaria (e dei relativi termini), è stata demandata dal legislatore dell’emergenza Covid-19 alla valutazione della persona sottoposta alla misura ed al suo difensore: una valutazione non soggetta ad alcuna delibazione da parte dell’autorità procedente, senz’altro tenuta all’espletamento dell’atto nei termini di legge, che riprendono a decorrere per effetto della richiesta.

 

L’infondatezza della questione di costituzionalità

La Suprema corte con la sentenza annotata ha altresì ritenuto manifestamente infondata la sollevata questione di legittimità costituzionale del citato articolo 83, comma 3, lettera c), del Dl Cura Italia, in relazione agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione, nell’interpretazione per cui, nel periodo emergenziale, la sospensione dei termini stabiliti per le indagini preliminari si applica anche al termine previsto per l’interrogatorio di garanzia (salvo richiesta dell’interessato).

Secondo gli “ermellini” di Piazza Cavour, l’assetto normativo ricavabile dalla normativa emergenziale applicabile durante la “fase 1” - rimettendo la decisione di espletare l’interrogatorio, nonostante la generalizzata sospensione, alla insindacabile decisione della parte interessata - realizza un contemperamento del tutto ragionevole che, come tale si sottrae in radice ai dubbi di legittimità costituzionale prospettati dalla difesa tra le due esigenze potenzialmente in conflitto: da un lato, la necessità di assicurare comunque il pieno ed effettivo esercizio dei diritti di difesa della persona sottoposta a misura cautelare anche nei tempi rapidi di cui all’articolo 294 del Cpp, se ritenuto necessario dall’interessato sottoposto a misura; dall’altro, quella di contenere il più possibile, per le note ragioni di tutela della salute pubblica, la mobilità delle persone (esigenza, proprio in questi giorni, vieppiù riattualizzatasi ma senza misure, allo stato, riguardanti l’attività giudiziaria).


Cassazione, sezione II penale, sentenza 4 settembre-19 ottobre 2020 n. 28936
Pres. Cammino - Rel. Pazienza

Misure cautelarI - Disciplina emergenziale di cui al Dl n.18 del 2020 – Sospensione dei termini processuali – Applicabilità all'interrogatorio di garanzia – Condizioni – Questione di legittimità costituzionale – Manifesta infondatezza.
In tema di misure cautelari personali, la sospensione dei termini processuali, in ragione dell'emergenza sanitaria da Covid-19, prevista dal 9 marzo al 15 aprile 2020 dall'articolo 83, comma 2, del Dl n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, in legge n. 27/2020, poi estesa fino all'11 maggio 2020 per effetto dell'articolo 35 del Dl n. 23/2020, si applica anche all'interrogatorio di garanzia la cui assunzione doveva avvenire entro il suddetto periodo di vigenza della sospensione ed a condizione che l'indagato non avesse espressamente richiesto l'espletamento di tale atto ai sensi dell'articolo 83, comma 3, lettera c), del citato Dl.
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 83, comma 3, lettera c), del Dl n. 18/2020, convertito, con modificazioni, in legge n. 27/2020, in relazione agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione, nella interpretazione per cui, nel periodo emergenziale, la sospensione dei termini stabiliti per le indagini preliminari si applica anche al termine previsto per l'interrogatorio di garanzia salvo richiesta dell'interessato.

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