Lavoro

Sì alla candidatura a sindaco e alla relativa aspettativa per il dipendente comunale a tempo determinato

Illegittimo negare l'elettorato passivo per la sfasatura temporale tra conservazione del posto di lavoro e originaria scadenza

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di Paola Rossi

La Cassazione applica il principio unionale di non discriminazione dei lavoratori a tempo determinato rispetto a quelli a tempo determinato e, di conseguenza, disapplica la norma del Tuel che impedisce la candidatura a sindaco dei dipendenti comunali a termine per l'impossibilità di accedere all'aspettativa per il periodo di svolgimento dell'incarico.

La sentenza n. 40876/2021 della Corte di cassazione ha giudicato come priva di ragioni obiettive la mancata applicabilità dell'aspettativa di cui invece usufruiscono i dipendenti comunali a tempo indeterminato.
Il principio Ue applicato di non discriminazione e contenuto nel considerando 4.1 dell'accordo quadro sul lavoro a termine viene meno, infatti, solo per eventuali "ragioni obiettive". E nel caso della partecipazione alle elezioni comunali l'esclusione aprioristica dei dipendenti comunali a tempo determinato è – secondo la Corte di legittimità – un'ingiustificata discriminazione tra dipendenti che la norma Ue mira a porre sullo stesso piano in termini di riconoscimento di diritti e tutele.
Per cui, a causa della sovraordinazione delle norme comunitarie, negare l'elettorato passivo del dipendente comunale a termine non può essere giustificato in base alla norma nazionale che disciplina il contratto a termine come finalizzato alla soddisfazione di esigenze temporanee attraverso specifiche mansioni affidate a chi è assunto a tempo.

Invece, i giudici di merito avevano confermato l'annullamento dell'elezione del sindaco facendo leva sul fatto che il lavoratore a tempo non avrebbe potuto usufruire dell'aspettativa non solo per espressa previsione di legge, ma anche per l'incompatibilità dell'incarico assunto per soddisfare immediate temporanee esigenze del Comune: in quanto si sarebbe verificato un anomalo prolungamento del rapporto di lavoro a seguito del collocamento in aspettativa che di fatto sospende il decorso del termine apposto al contratto di lavoro. Per la Cassazione, al contrario e illegittimamente, tale differenziazione tra dipendenti comunali realizza una discriminazione vietata e a maggior ragione alla luce della nuova versione del Tuel che non lega più il contratto a termine a prestabilite finalità temporanee.

Applicazione diretta norme Ue
La pronuncia della Corte si fonda sul principio comunitario in base al quale il giudice nazionale non solo può, ma di fatto deve, applicare in modo diretto le norme Ue che attribuiscono diritti soggettivi definiti e precisi. Il giudice, quindi, è chiamato a disapplicare le norme nazionali che abbiano recepito in modo scorretto le norme Ue o ad applicare la norma unionale non recepita dal Legislatore nazionale e che non necessita ai fini della propria applicazione di ulteriori statuizioni e definizioni.Il principio di non discriminazione tra lavoratori a termine e quelli a tempo indeterminato si fonda sulla piena comparabilità del lavoro svolto e giustifica differenze di trattamento solo per ragioni obiettive. La Cassazione non individua come obiettiva ragione giustificatrice di un diverso trattamento delle due categorie di dipendenti comunali - ai fini dell'elettorato passivo - la circostanza per cui l'eventuale elezione determinerebbe una sfasatura rispetto alla maturazione del termine di scadenza del rapporto di lavoro. In fondo afferma la preminenza della non discriminazione del lavoro a termine rispetto ad altre ragioni di economia dell'impiego pubblico.

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