Civile

Sì al raddoppio del contributo unificato se la causa non poteva essere proposta

Il ricorso per cassazione inutilmente introdotto, da chi già in sede di merito era escluso come legittimato all’azione, costituisce un costo per la macchina della giustizia che viene “sanzionato” con l’esborso di una vera e propria tassa

di Paola Rossi

La Corte di cassazione conferma che nel caso di annullamento senza rinvio - in quanto la causa non poteva essere proposta - scatta il pagamento del contributo unificato in forma raddoppiata. Si tratta praticamente di un esborso imposto a causa dell’inutile dispendio di risorse a carico della macchina della giustizia.

Il caso risolto dalla Corte di cassazione - con la sentenza n. 30202/2025 - riguardava il ricorso introdotto da persona non legittimata a impugnare le decisioni del giudice tributario comprese le misure cautelari connesse.

La vicenda

Si trattava infatti del socio unico e amministratore di una società che era stata poi dichiarata fallita e che aveva subito un accertamento dell’Agenzia delle entrate in conseguenza di una vicenda sotto la lente del giudice penale, connotata dal coinvolgimento della società in frodi carosello. Da cui l’iniziativa del Fisco di recupero dell’Iva asseritamente evasa dal ricorrente. Ma dal momento in cui era intervenuto anche il fallimento della società ed era stato nominato il curatore, l’amministratore non aveva più la legittimazione ad agire per conto dell’ente a difesa del suo patrimonio. Infatti, a tutela del patrimonio della società fallita è legittimato ad agire il curatore fallimentare, a meno di una sua comprovata e temporalmente rilevante inerzia che fa rivivere la legittimazione di chi legalmente rappresentava l’ente in stato di insolvenza.

Quindi nel caso concreto i giudici di legittimità in applicazione del comma 3 dell’articolo 382 del Codice di procedura civile hanno ritenuto doppiamente responsabile il ricorrente che dopo la fase di merito aveva “ripetuto” l’azione giudiziale contro l’accertamento del Fisco non essendone legittimato. Legittimato era infatti il curatore fallimentare e il ricorrente che non poteva proporre l’azione è stato condannato al pagamento del doppio del contributo unificato, che corrisponde a una vera e propria tassa che grava sull’attore in determinati casi.

Il principio di diritto

Nel respingere il ricorso di colui che era amministratore e socio unico della società fallita coinvolta in sede civile e penale per l’evasione Iva, la Corte di cassazione ha condannato il ricorrente al pagamento del contributo raddoppiato affermando il seguente principio di diritto: “Il raddoppio del contributo unificato contemplato dall’art. 13, comma 1- quater, d.P.R. n. 115 del 2002, trova applicazione anche nel caso di cassazione senza rinvio ex art.382, comma 3, cod. proc. civ., in esito a ricorso proposto dalla parte privata, perché la “causa non poteva essere proposta”, dal momento che la sentenza impugnata viene meno, ma solo perché il ricorrente introduttivo ha avuto doppia-mente torto e l’intero giudizio si è rivelato del tutto superfluo”.

 

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