Civile

Società in house, spetta alla Corte dei Conti la giurisdizione sulla mala gestio degli amministratori

Lo precisano le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 26738/2021

di Pietro Alessio Palumbo

La configurabilità di una società a partecipazione pubblica quale società in house consente di qualificare come danno erariale, cioè quale pregiudizio arrecato direttamente al socio pubblico, quello subìto dal patrimonio della società per effetto della mala gestio degli amministratori o dei dipendenti.
Secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza 26738/2021) a tali società non è applicabile il principio, operante in tema di società di capitali e normalmente riferibile anche a quelle a partecipazione pubblica, secondo cui la distinzione tra la personalità giuridica della società e quella dei singoli soci, e la piena autonomia patrimoniale della prima rispetto ai secondi non consentono di riferire al patrimonio del socio il danno che l'illecito comportamento degli organi sociali abbia eventualmente arrecato al patrimonio dell'ente. E tale conclusione non si pone in contrasto con la disciplina del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica del 2016 circa la responsabilità degli enti partecipanti e dei componenti degli organi delle società partecipate.

Il danno erariale
Nella nozione di danno erariale va incluso anche il pregiudizio arrecato al valore della partecipazione sociale dell'ente pubblico, dalla condotta dei suoi rappresentanti o comunque delle persone fisiche titolari del potere di decidere per esso. Pregiudizio il quale, incidendo direttamente sul patrimonio del socio pubblico, costituisce un danno distinto e ulteriore rispetto a quello subìto dal patrimonio della società per effetto della negligente amministrazione degli amministratori o dei dipendenti della stessa.

La giurisdizione
La giurisdizione sull'azione di responsabilità proposta nei confronti degli organi sociali per i danni arrecati al patrimonio della società spetta alla Corte dei conti soltanto se sussistono alcuni requisiti che consentono di qualificare l'ente come società in house providing. In particolare qualora:
a) il capitale sociale sia integralmente detenuto da uno o più enti pubblici per l'esercizio di pubblici servizi, e lo statuto vieti la cessione delle partecipazioni a soggetti privati;
b) la società esplichi statutariamente la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti, in modo tale che l'eventuale attività accessoria non implichi una significativa presenza sul mercato e rivesta una valenza meramente strumentale;
c) la gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici, con modalità ed intensità di comando non riconducibili alle facoltà spettanti al socio ai sensi del codice civile.
Solamente in presenza di tali condizioni, che devono sussistere contemporaneamente e risultare da precise disposizioni statutarie in vigore all'epoca a cui risale la condotta illecita, la società può essere assimilata a un'articolazione organizzativa interna dell'ente pubblico, con il conseguente superamento della distinzione tra le rispettive personalità giuridiche e dell'autonomia patrimoniale della società, che ordinariamente escludono la configurabilità di un rapporto di servizio tra il socio pubblico e i soggetti che hanno agito nella veste di organi sociali, nonché l'imputabilità al primo del pregiudizio arrecato al patrimonio della società.
I richiamati principi sono peraltro rintracciabili nello stesso TU in materia di società a partecipazione pubblica. A ben vedere quest'ultimo nel disciplinare la responsabilità dei componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società a partecipazione pubblica, ha stabilito che gli stessi sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, facendo tuttavia salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house.
Su tali basi le SU hanno affermato la spettanza alla Corte dei conti della giurisdizione in ordine alla domanda di risarcimento del danno erariale nei confronti del direttore generale della società in house coinvolta nella vicenda. Ciò con particolare riguardo e in relazione alle gravi irregolarità accertate nella gestione della liquidità della società. E per la Corte di piazza Cavour nessun rilievo assume la circostanza che nella vicenda il ricorrente non abbia rivestito la qualifica di rappresentante della Regione, risultando sufficiente, ai fini della configurabilità del danno erariale, che nella gestione dei fondi assegnati alla società in house lo stesso abbia agito in qualità di dipendente della società.

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