Somme in deposito all'avvocato: no alla fatturazione, sì a istruzioni scritte dal cliente
Il Cnf, sentenza n. 86 del 9 maggio 2023, fa il punto sulla disciplina relativa alla dazione fiduciaria di somme ai legali
In caso di somme ricevute in deposito fiduciario dal cliente, l'avvocato deve sempre farsi dare istruzioni scritte sul relativo utilizzo in modo da evitare ambiguità e rischi nella gestione del denaro. Deve invece ritenersi escluso l'obbligo (anche deontologico) di fatturazione che si riferisce ai soli importi ricevuti a titolo di compenso professionale. Sono i principi ribaditi dal Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Standoli), con la sentenza n. 86 del 9 maggio 2023, che ha accolto parzialmente il ricorso di un legale.
L'avvocato ricorrente aveva ottenuto un incarico professionale per "procedere esclusivamente alla nomina di altri professionisti", esperti in materia fiscale e tributaria, per assistere i clienti indagati nell'ambito di due procedimenti penali per gravi reati in materia fiscale. All'atto di conferimento del mandato, su espressa richiesta dell'avvocato veniva corrisposta la somma di 30mila euro (mediante assegno circolare) per garantire il pagamento dei compensi che sarebbero stati concordati dall'avvocato con i vari professionisti. Trascorso un periodo di tempo, i clienti revocavano l'incarico e richiedevano la restituzione delle somme versate. Il legale però non adempiva. Da qui la sanzione del Cdd che rilevava, per un verso, l'inesistenza di un accordo con la cliente finalizzato ad autorizzare la compensazione, per l'altro, l'obbligo di fatturazione entro 60 giorni dalla ricezione della somma ricevuta in deposito.
Di diverso avviso il Cnf secondo il quale "non si comprende perché una volta appurata la natura della somma corrisposta quale deposito fiduciario, il CDD abbia ritenuto sussistente un obbligo di fatturazione che ha poi comportato l'accertamento dell'illecito di cui all'art. 29 del Ncdf. "A ben vedere - si legge nella decisione -, tale prescrizione non è in alcun modo prevista. Il primo comma del richiamato art. 3 del DM 31.10.1974, difatti, impone che le somme ricevute in deposito, globalmente ed indistintamente, sia a titolo di corrispettivo che a titolo di spese da sostenere in nome e per conto dei clienti, gli esercenti la professione notarile, quella forense, nonché quella di commercialista, devono emettere la fattura, relativamente al pagamento dei corrispettivi, entro sessanta giorni dalla data di costituzione del deposito".
Presupposto indefettibile per ritenere sussistente l'obbligo di fatturazione, pertanto, è la cosiddetta natura mista del versamento: tanto a titolo di deposito quanto a titolo di corrispettivo/compenso. Il documento fiscale, infatti, deve essere emesso entro 60 giorni solo (ed esclusivamente) per la quota parte "imputabile" al pagamento dei corrispettivi e non anche per la quota parte versata a titolo di spese da sostenere per conto del cliente (per la quale è sufficiente l'annotazione nel registro previsto nel secondo comma della norma).
L'illecito non è, pertanto, in alcun modo configurabile proprio perché la somma versata era esclusivamente a titolo di deposito fiduciario.
Inoltre, sempre il Cnf, ricorrono anche i presupposti per ritenere sussistente il diritto del professionista a trattenere le somme stante il consenso della cliente/assistita (arg. ex art.31 comma 3 lettera A del ncdf).
Deve invece ritenersi violato l'obbligo di fatturazione da parte del legale. Qualsiasi somma corrisposta all'avvocato ed estranea al compenso professionale, spiega le decisione, deve essere custodita nel rispetto di precise regole. In particolare, al fine di evitare che si verifichino situazioni ambigue e poco trasparenti che potrebbero nuocere all'immagine dell'avvocatura, è necessario che la gestione del denaro avvenga sulla base di istruzioni scritte e ben definite (articolo 30, comma 4, cdf), a prescindere dalla richiesta della parte assistita: la ratio di una disciplina così rigorosa nasce, evidentemente, dalla volontà del Legislatore di evitare che la disponibilità del denaro nelle mani dell'Avvocato sia "libera ed incontrollata", al punto da potersi concretizzare abusi di tale situazione in danno del rapporto fiduciario che si instaura tra difensore e cliente ed in spregio delle eccezionali condizioni per cui l'Avvocato entra in possesso di tali somme (la sua qualifica professionale), senza contare il rischio patrimoniale che la confusione indotta dalla allocazione delle somme in rapporti non immediatamente riconducibili al cliente, possono produrre.