Mae, stop al "principio di specialità" per chi esce dallo Stato richiedente
Il vincolo per il quale una persona che è stata estradata in base ad un mandato d'arresto europeo (Mae), non può essere sottoposta a un procedimento penale, condannata o altrimenti privata della libertà, per reati anteriori diversi da quello per cui è stata consegnata, trova un limite nell'ipotesi in cui il prevenuto lasci il paese richiedente e venga riarrestato in un altro paese membro sulla base di un nuovo Mae. In tal modo infatti si rompe la "regola della specialità" che richiede per l'esecuzione delle altre condanne il via libera del paese che per primo ha concesso l'estradizione. Lo ha stabilito la Corte Ue, con la sentenza 24 settembre 2020 nella causa C-195/20 PPU.
In altri termini, per i giudici di Lussemburgo, «una misura restrittiva della libertà adottata nei confronti di una persona oggetto di un primo mandato d'arresto europeo (MAE) sulla base di fatti precedenti e diversi da quelli che hanno giustificato la sua consegna in esecuzione di un secondo MAE non è contraria al diritto dell'Unione se tale persona ha lasciato volontariamente lo Stato membro di emissione del primo MAE». «In tale contesto - prosegue la Corte -, l'assenso deve essere dato dalle autorità dell'esecuzione dello Stato membro che ha consegnato sulla base del secondo MAE la persona sottoposta a procedimento penale».
La vicenda - Il caso era quello di un uomo sottoposto in Germania a tre procedimenti penali distinti. In primo luogo, il 6 ottobre 2011, era stato condannato da un tribunale circoscrizionale a una pena detentiva di un anno e nove mesi. L'esecuzione però era stata condizionalmente sospesa. In secondo luogo, nel 2016, era stato avviato nei suoi confronti un procedimento penale in Germania per fatti commessi in Portogallo, dove all'epoca si trovava. La procura di Hannover ha emesso un MAE e l'autorità portoghese ne ha autorizzato la consegna. Condannato a una pena detentiva di un anno e tre mesi, durante l'esecuzione, la Germania ha revocato la sospensione condizionale della pena inflitta nel 2011.
La procura di Flensburg (Germania) ha allora chiesto all'autorità portoghese di rinunciare alla regola della specialità e di acconsentire all'esecuzione della pena del 2011. In mancanza di risposta, il soggetto è stato rimesso in libertà. Subito dopo la sua partenza, la Germania ha emesso un nuovo MAE nei suoi confronti ed egli è stato arrestato in Italia, dove l'autorità ha acconsentito alla consegna. Poco dopo, infine, è stato emesso un ulteriore mandato d'arresto dal Tribunale di Braunschweig (Germania) per l'istruzione di un terzo procedimento vertente su fatti commessi in Portogallo nel 2005, per il quale la procura tedesca ha altresì chiesto all'autorità italiana di dare il proprio assenso. E l'Italia ha acconsentito anche a tale domanda.
Condannato anche per questi ultimi fatti a una pena detentiva complessiva di sette anni (che tiene conto della sentenza del 2011), l'imputato ha proposto ricorso alla Corte federale tedesca affermando che l'autorità dell'esecuzione portoghese non aveva mai dato il proprio assenso all'azione penale per i fatti commessi in Portogallo nel corso del 2005, per cui le autorità tedesche non avevano il diritto di sottoporlo a procedimento penale.
La motivazione - Con la sentenza odierna, la Corte ha dichiarato che l'articolo 27, paragrafi 2 e 3, della decisione quadro 2002/584 dev'essere interpretato nel senso che la regola della specialità «non osta a una misura restrittiva della libertà adottata nei confronti di una persona oggetto di un primo MAE a causa di fatti diversi da quelli posti a fondamento della sua consegna in esecuzione di tale mandato e anteriori a tali fatti, qualora tale persona abbia lasciato volontariamente il territorio dello Stato membro di emissione del primo MAE e sia stata consegnata al medesimo, in esecuzione di un secondo MAE emesso successivamente a detta partenza ai fini dell'esecuzione di una pena privativa della libertà, a condizione che, in relazione al secondo MAE, l'autorità giudiziaria dell'esecuzione di quest'ultimo abbia dato il proprio assenso all'estensione dell'azione penale ai fatti che hanno dato luogo alla suddetta misura restrittiva della libertà».
La regola della specialità infatti, spiegano i giudici, è strettamente connessa alla consegna risultante dall'esecuzione di uno specifico MAE, in quanto il testo della disposizione fa riferimento alla «consegna» al singolare. Mentre esigere che l'assenso arrivi sia dall'autorità giudiziaria dell'esecuzione di un primo MAE sia dall'autorità giudiziaria dell'esecuzione di un secondo MAE "nuocerebbe all'efficacia della procedura di consegna, mettendo così in pericolo l'obiettivo perseguito dalla decisione quadro 2002/584, consistente nel facilitare e nell'accelerare le consegne tra le autorità giudiziarie degli Stati membri".
Pertanto, dal momento che, nel caso di specie, la persona ha lasciato volontariamente il territorio tedesco dopo aver scontato la pena cui era stato condannato per i fatti oggetto del primo MAE, egli non è più legittimato a invocare la regola della specialità relativa a tale primo MAE. Poiché, nella fattispecie, la sola consegna rilevante per valutare il rispetto della regola della specialità è quella effettuata sulla base del secondo MAE, l'assenso richiesto dall'articolo 27, paragrafo 3, lettera g), della decisione quadro 2002/584 deve essere dato unicamente dall'autorità giudiziaria dell'esecuzione dello Stato membro che ha consegnato la persona sottoposta a procedimento penale sulla base di detto MAE.
Corte Ue - Sentenza 24 settembre 2020 nella causa C-195/20