Civile

Va risarcita la lavoratrice esclusa dalla selezione per il velo

Francesco Machina Grifeo

La Corte d'appello di Milano con una sentenza del 4 maggio scorso, in riforma della sentenza n. 1558/14 del Tribunale di Lodi, ha stabilito che è discriminatorio il comportamento di una azienda di ricerca del personale che dovendo selezionare delle hostess per il volantinaggio durante una fiera (si trattava del Salone internazionale del settore calzaturiero) aveva escluso dal gruppo una lavoratrice italiana di origine egiziana e di fede musulmana a causa del suo rifiuto di togliere il velo.

La società si era difesa rivendicando il diritto di scegliere le lavoratrici sulla base di esigenze estetiche e di immagine, affermando che «i clienti non sarebbero mai stati così flessibili». Per la donna invece siccome la sua scelta era basata su di una motivazione religiosa doveva godere di una tutela rafforzata. Infatti, eventuali paletti possono essere previsti dall'azienda come condizione di assunzione solo quando siano essenziali alla prestazione lavorativa e il sacrificio imposto sia proporzionato all'interesse perseguito.

La Corte ha accolto le tesi della difesa della lavoratrice dichiarando «il carattere discriminatorio del comportamento della società appellata consistente nel non aver ammesso l'appellante alla selezione per la prestazione di hostess nei giorni 3 e 4 marzo presso la fiera Micam a causa della sua decisione di non togliere il velo». Ed ha anche condannato l'azienda al risarcimento del danno non patrimoniale quantificato nella misura di 500 euro. Per l'avvocato Alberto Guariso dell'Asgi che ha assistito la lavoratrice: «È una sentenza molto importante perché riconosce che il diritto all'identità religiosa è un elemento essenziale delle società democratiche e deve sempre essere garantito anche quando comporta un sacrificio di altre esigenze del datore di lavoro non altrettanto rilevanti, come quelle estetiche».

Corte d'appello di Milano - Sentenza 4 maggio 2016 n. 579

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