Civile

Lavoro intermittente, alla Corte Ue la soglia dei 25 anni

Francesco Machina Grifeo

La previsione secondo cui il contratto di lavoro intermittente può essere concluso con riferimento a prestazioni rese da soggetti con meno di venticinque anni potrebbe violare il principio di non discriminazione in base all'età previsto dall'Unione europea. Con questa motivazione la Corte di cassazione, ordinanza interlocutoria 29 febbraio 2016 n. 3982, ha sollevato questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, in vista di un potenziale conflitto tra la direttiva 2000/78 e l'articolo 34, comma 2, del Dlgs n. 276 del 2003, nella formulazione “ratione temporis” applicabile.

La vicenda parte dal licenziamento da parte della società Abercrombie & Fitch Italia di un proprio dipendente, assunto con contratto di lavoro intermittente, al compimento del venticinquesimo anno. Proposto ricorso, la Corte di appello di Milano ha accolto la domanda del lavoratore. Per il giudice di secondo grado infatti il licenziamento intimato al raggiungimento del 25° anno è «contrario al principio di non discriminazione », in quanto «trovava fondamento esclusivamente sull'età senza alcuna altra specificazione non essendo richiamata alcuna ulteriore condizione soggettiva del lavoratore e non avendo esplicitamente finalizzato tale scelta ad alcun obiettivo individuabile». Il contratto di lavoro intermittente, concluso in esclusiva ragione dell'età, era dunque illegittimo ed il rapporto di lavoro doveva considerasi a tempo indeterminato. Al contrario, per la società ricorrente, la Corte del merito ha errato nel ritenere violato il principio di non discriminazione perché, nella specie, si tratta di una legge che favorisce i lavoratori in ragione della loro età e non viceversa, chiedendo poi che la questione sia rimessa alla Corte di giustizia.

Richiesta accolta dalla Cassazione che nel motivare il rinvio ha affermato che «la Carta dei diritti fondamentali vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sull'età». Mentre l'articolo 6, n. 1, comma 1, della predetta Direttiva 2000/78 prevede che «una disparità di trattamento in base all'età non costituisce discriminazione laddove essa sia oggettivamente e ragionevolmente giustificata, nell'ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari». Nella specie, tuttavia, prosegue l’ordinanza, la formulazione della norma all'epoca vigente, «mostra di non contenere alcuna esplicita ragione rilevante ai sensi della citata Direttiva».

I giudici di legittimità hanno dunque rimesso alla Corte di Lussemburgo la seguente questione: «Se la normativa nazionale di cui al Dlgs n. 276 del 2003, articolo 34, secondo la quale il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con riferimento a prestazioni rese da soggetti con meno di venticinque anni di età, sia contraria al principio di non discriminazione in base all'età, di cui alla Direttiva 2000/78 e alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea».

Corte di cassazione – Sezione lavoro - Ordinanza interlocutoria 29 febbraio 2016 n. 3982

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