Società

Il patto parasociale tra soci di una Spa configura un contratto a favore di terzo solo a determinate condizioni

"Affinché … si produca l'effetto di vincolare gli autori [del patto parasociale, nds] anche nei confronti del soggetto da nominare, occorre dunque che sia stato inserito nell'accordo contrattuale fra i soci un ulteriore contenuto negoziale specifico, costituito dalla inequivoca volontà di attribuzione diretta al terzo di un diritto soggettivo perfetto, relativo alla manifestazione di voto in suo favore nell'assemblea deputata alla nomina nella carica (accordo che resta pur sempre, ovviamente, privo di effetti per la società), diritto fondato sullo stesso patto tra i soci e da essi voluto come non revocabile". Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 36092 del 23 novembre 2021

di Emanuele Stabile

Il 13 dicembre 2007 i Sig.ri G.G., S.T., M. e F. e G.M.T., quali soci delle C. Spa e C. Spa, concludevano un patto parasociale, segnatamente un sindacato di voto. Il 12 novembre 2008, durante una riunione dei soci pattisti, essi discutevano della possibilità di nominare il Sig. B.R. quale amministratore di entrambi i suddetti enti per il triennio 2009-2011 e 2012-2014 e del suo compenso. L'accordo si perfezionava nella riunione degli aderenti al patto dell'11 febbraio 2009 a cui seguiva l'elezione del predetto Sig. B.R. quale amministratore dal 2009 al 2011, ma non per il successivo triennio. Quest'ultimo, allora agiva in giudizio chiedendo il risarcimento dei danni ai soci per violazione del menzionato accordo parasociale. Il giudice di primo grado accoglieva le sue richieste, mente la Corte d'Appello di Firenze, pur confermando la spettanza del risarcimento, ne riduceva il quantum. I suddetti soci proponevano ricorso per Cassazione lamentando la natura non vincolante nei confronti del terzo del suddetto accordo. La suprema Corte, quindi, ha dovuto stabilire se un patto parasociale come quello che ci occupa possa qualificarsi quale contratto a favore di terzo ex art. 1411 c.c.

Ai sensi del combinato disposto delle norme civilistiche sui contratti e degli artt. 2341-bis c.c. e 122 ss. D. Lgs. 58/1998 (c.d. TUF), il patto parasociale ha efficacia obbligatoria solo verso i contraenti, ossia i soci. Il contratto a favore di terzo, invece, derogando all'art. 1372 c.c., attribuisce un diritto soggettivo ad un soggetto estraneo al negozio il quale diviene creditore di una prestazione in suo favore, ma non parte dell'accordo tra promittente e stipulante. Se il terzo dichiara di voler profittare della stipulazione in suo favore, inoltre, questa diviene irrevocabile.

La Suprema Corte ricorda la distinzione tra contratto a favore di terzo e accordi ove la situazione di vantaggio per quest'ultimo nasca casualmente o indirettamente e il contratto è sempre modificabile, diversamente da quanto accade dopo l'accettazione del terzo nel contratto ex art. 1411 c.c. In tali casi, l'individuo diviene titolare di "un semplice interesse" e non un diritto.

Ora, tutti i componenti del patto assumono la qualifica di promittente e stipulante , ma, come precisa la Corte, l'accordo sarà vincolante tra loro e il terzo solo se sussiste l'indiscutibile e irrevocabile volontà dei primi di attribuire un diritto soggettivo perfetto al terzo. Solo in tal caso si configura un contratto a favore di questi, ossia il nominando amministratore, con conseguente "obbligo dei soci direttamente nei confronti dell'amministratore designando, che potrà vantare una pretesa risarcitoria al riguardo, ove ne siano accertati tutti gli elementi costitutivi (art. 1218 c.c.)".

Ne discende che "la sola menzione, nell'accordo fra soci del patto parasociale, del nome, del compenso e della durata della carica di un futuro amministratore sociale nominando" non determina quella inequivoca volontà delle parti, da accertare in concreto, di vincolarsi nei confronti del suddetto terzo, ossia il Sig. B.R. Nel presente caso, dunque, non sussiste alcun contratto a favore di quest'ultimo il quale non acquista alcun diritto, ma solo una situazione di vantaggio indiretta.

Per quanto qui rileva, inoltre, la Suprema Corte enuncia un orbiter dictum in cui precisa che i patti parasociali configurabili quali contratti a favore di terzo non violano né l'art. 2372, comma 5, c.c ., sul divieto di delega assembleare in favore degli amministratori, né l' art. 2383 c.c., che riserva solo all'assemblea l'elezione di quest'ultimi.

L'accordo, infatti, ha efficacia obbligatoria tra i soci e, da un lato, non conferisce alcuna delega al nominando amministratore, dall'altro, non pregiudica l'esclusiva competenza dell'assemblea sull'elezione di quest'ultimo.

In conclusione, secondo la Corte di Cassazione "affinché l'amministratore designato in un patto parasociale acquisti, ai sensi dell'art. 1411 c.c., il diritto soggettivo all'espressione del voto in assemblea, da parte dei soci sottoscrittori del patto, in favore della sua nomina e di un determinato compenso, in esso decisi, occorre sia accertato l'intento dei soci di attribuire direttamente ed immediatamente al terzo un diritto soggettivo, potendo allora, in tal caso, l'amministratore vantare una pretesa risarcitoria al riguardo, ove ne sussistano tutti gli elementi costitutivi".

Nondimeno, "il patto di sindacato, in cui i soci abbiano stabilito la rielezione di un soggetto alla carica di amministratore per due successivi trienni, non è nullo per violazione degli artt. 2372 e 2383 c.c., avendo effetti organizzativi del voto meramente interni ed obbligatori, senza porre in discussione il corretto funzionamento dell'organo assembleare".

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