Civile

BPVi, confermate le sanzioni per la vendita di azioni della banca

La Cassazione, sentenze nn. 13445 e 13446, conferma le sanzioni della Consob nei confronti del vice Presidente del Cda e di un componente del collegio sindacale

di Francesco Machina Grifeo

La Cassazione, sentenze nn. 13445 e 13446, conferma le sanzioni della Consob nei confronti del Vice Presidente del Cda di Banca Popolare di Vicenza dall'1.1.2014 al 28.2.2015, per la campagna volta a offrire ai clienti, in contropartita diretta, i titoli azionari presenti nel Fondo Acquisto Azioni Proprie senza la preventiva pubblicazione del prospetto informativo. Stessa sorte anche per il ricorso di un componente del collegio sindacale, sanzionato allo stesso modo. Respinti dunque tutti i motivi di ricorso e confermate le sanzioni di 100mila euro, oltre alla perdita per due mesi dei requisiti di idoneità previsti dal Tuf e della possibilità di assumere incarichi in società quotate. Dall'attività ispettiva era emersa, e la Corte di appello di Venezia lo ha confermato nel 2018, la vendita di azioni del Fondo in maniera sistematica con lo scopo di ridurre significativamente il numero di titoli presenti nel suddetto Fondo, dando così vita a una campagna definita convenzionalmente come "svuotafondo".

La BPVi, dunque in vista del comprehensive assessment della BCE e delle imminenti operazioni di aumento del capitale, tra il 2014 e il 2015, aveva in maniera continuativa sollecitato un'ampia platea di clienti all'acquisto delle azioni proprie sul mercato secondario, con condizioni di prezzo uniformi, facendo però figurare dette operazioni come attuate in esecuzione di ordini impartiti dai clienti stessi. È apparsa dunque fondata la qualificazione di dette attività come offerta al pubblico di prodotti finanziari, tenuto anche conto dell'obiettivo di evitare il superamento del vincolo alla normativa prudenziale quanto alla consistenza del Fondo Acquisto Azioni Proprie, trattandosi di iniziativa che proveniva dall'emittente anziché dalla clientela. Quanto all'elemento soggettivo, la normativa interna della Banca attribuiva al CdA la competenza a deliberare l'autorizzazione in ordine alle richieste di cessione e di riacquisto delle azioni BPVi e il CdA aveva approvato all'unanimità le operazioni di compravendita (né il Collegio sindacale aveva attivato alcun controllo pur essendo consapevole delle descritte scelte operative). Infine, secondo la Cassazione con riguardo ai doveri imposti dalla regolamentazione della Consob e della Banca d'Italia, "tutto il CdA era chiamato a dare attuazione alle norme volte al corretto espletamento dei servizi di investimento". Nello specifico l'illecito era infatti riconducibile alle modalità con cui il Consiglio nel suo insieme aveva esercitato le funzioni di controllo e di organizzazione.

"In tema di responsabilità dei consiglieri non esecutivi di società autorizzate alla prestazione di servizi di investimento – si legge nella sentenza - è richiesto a tutti gli amministratori, che vengono nominati in ragione della loro specifica competenza anche nell'interesse dei risparmiatori, di svolgere i compiti loro affidati dalla legge con particolare diligenza e, quindi, anche in presenza di eventuali organi delegati, sussiste il dovere dei singoli consiglieri di valutare l'adeguatezza dell'assetto organizzativo e contabile, nonché il generale andamento della gestione della società, e l'obbligo, in ipotesi di conoscenza o conoscibilità di irregolarità commesse nella prestazione dei servizi di investimento, di assumere ogni opportuna iniziativa per assicurare che la società si uniformi ad un comportamento diligente, corretto e trasparente non potendo a tal fine assumersi come causa esimente l'assenza di segnalazioni da parte degli amministratori delegati o delle altre strutture di controllo interno".

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