Comunitario e Internazionale

Tutela ampia per il whistleblower – L'Italia in ritardo per il recepimento della normativa UE

La normativa UE ha disciplinato il contenuto della tutela per i segnalanti e ampliato la platea dei soggetti beneficiari, assumono rilevanza non solo le violazioni già occorse, ma anche quelle che verosimilmente potrebbero verificarsi

di Lucia Rapallo*

Lo scorso 17 dicembre è scaduto, per l'Italia, il termine per l'emanazione della normativa nazionale di recepimento della Direttiva UE 2019/1937 relativa al whistleblowing, ossia il fenomeno delle segnalazioni di illeciti all'interno di un'organizzazione pubblica e/o una realtà aziendale privata, e ciò nonostante la legge delega n. 53/2021, in virtù della quale il Governo avrebbe dovuto recepire, tra l'altro, la suddetta direttiva, entro agosto 2021.

Il ritardo del legislatore italiano, oltre a esporre il nostro Paese al rischio di essere sanzionato dall'UE, contribuisce a far rimanere l'Italia un passo indietro nella cultura della legalità.

Derivante dagli ordinamenti di common law, l'istituto del whistleblowing è stato introdotto in Italia inizialmente nel settore pubblico, con la Legge n. 190/2012; è però con la Legge n. 179/2017 che si è assistito alla creazione di una disciplina più organica in materia di whistleblowing, come strumento di contrasto alla corruzione.

Con la novella normativa del 2017, oltre ad estendere tale istituto anche nel settore privato, si è voluto rafforzare la tutela offerta al soggetto (il whistleblower, appunto) che, inserito nell'organizzazione di lavoro, sia essa pubblica e/o privata, segnali un comportamento penalmente rilevante da parte di un collega e/o di un superiore, al fine di proteggere tale soggetto da eventuali atti ritorsivi per la segnalazione fatta.

In particolare, la legge n. 179/2017 ha integrato la disciplina relativa alla responsabilità amministrativa degli enti di cui al D. Lgs. n. 231/2001 e ss.mm.ii., prevedendo l'adozione di Modelli di organizzazione, gestione e controllo in grado di garantire canali sicuri e riservati per consentire ai segnalanti di effettuare le segnalazioni degli illeciti senza il rischio di diventare bersaglio di atti ritorsivi e/o discriminatori.

Ebbene, mediante la Direttiva UE 2019/1937, adottata due anni fa dal Parlamento Europeo e dal Consiglio, l'Unione Europea ha voluto adottare una normativa che uniformasse gli interventi degli Stati membri in materia di lotta alla corruzione e di contrasto alla criminalità sia nel settore pubblico che in quello privato.

In primo luogo, come previsto nell'ordinamento italiano già dal 2017, la Direttiva UE estende l'ambito di applicazione della disciplina anche al settore privato: in particolare, tutti i soggetti giuridici del settore privato con almeno 50 dipendenti dovranno istituire canali e procedure per le segnalazioni interne, in grado di garantire la riservatezza e la sicurezza del segnalante; per le aziende più piccole, quelle dai 50 ai 249 dipendenti, è prevista la possibilità di condividere strutture per la ricezione delle segnalazioni e per le eventuali indagini da svolgere, facilitando così l'adozione di dette misure da parte di enti con meno risorse, sia economiche che personali, a disposizione.

Inoltre, la Direttiva UE amplia il novero dei soggetti beneficiari della tutela prevista, in quanto non più solo i dipendenti, ma anche i fornitori, i consulenti, i tirocinanti, volontari, candidati, ex dipendenti che facciano le segnalazioni, nonché i colleghi, i parenti e i rappresentanti sindacali che si fanno tramite della segnalazione, saranno destinatari delle garanzie di sicurezza e di riservatezza previste dall'impianto normativo.
In tal modo, il legislatore europeo mira a rendere più facile e più sicuro l'atto delle segnalazioni.

Anche dal punto di vista oggettivo, la normativa UE rappresenta un nuovo approdo in materia di whistleblowing.

Ed infatti, per quanto concerne l'ordinamento italiano, ad oggi, la protezione dei dipendenti pubblici segnalanti è legata alla rivelazione di condotte illecite di cui il soggetto sia venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro; nel privato, è previsto che i canali interni si attivino a seguito di segnalazioni di condotte illecite che siano circostanziate e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti.

Ebbene, la Direttiva Ue 2019/1937 dispone che i segnalanti vengano tutelati se, al momento della segnalazione, abbiano avuto fondati motivi di ritenere vere le informazioni divulgate, sia che si tratti di illeciti, sia che si tratti di atti e omissioni tesi a eludere e/o violare le norme, sia che si tratti, inoltre, di tentativi di occultamento di condotte irregolari e/o illegali.

Inoltre, assumono rilevanza non solo le violazioni già occorse, ma anche quelle che verosimilmente potrebbero verificarsi.

La normativa europea ha altresì disciplinato il contenuto della tutela per i segnalanti.
In particolare, oltre a prevedere il divieto di atti di ritorsione e/o di discriminatorie sul luogo di lavoro, mediante, ad esempio, sanzioni disciplinari, licenziamento, demansionamento, trasferimento o mancata conversione del contratto a termine, vengono istituite altre misure di sostegno, quali l'accesso a informazioni e consulenze, assistenza da parte delle autorità, il patrocinio a spese dello Stato, e il divieto di ritorsione anche in relazione ad aspetti quali i danni reputazionali del segnalante.

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*A cura di Lucia Rapallo, GPD – Gemma, Provaggi, De André, studio legale e tributario

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