Penale

Abbreviato senza appello, l’ulteriore taglio di 1/6 di pena non si estende ai reati in continuazione

La Cassazione, sentenza n. 31887 depositata oggi, ha chiarito che la misura deflattiva introdotta dalla riforma Cartabia riguarda solo la sentenza di primo grado non impugnata divenuta irrevocabile dopo l’entrata in vigore della norma

di Francesco Machina Grifeo

Nel rito abbreviato, la riduzione di un sesto della pena introdotta dalla riforma Cartabia si applica solo alla pena inflitta con la sentenza di primo grado non impugnata e divenuta irrevocabile dopo l’entrata in vigore della norma e senza estensione alla pena complessiva risultante dalla continuazione con condanne già definitive. Lo ha affermato la Corte di cassazione, con la sentenza n. 31887 depositata oggi, respingendo il ricorso dell’imputato.

Il ricorso è stato proposto contro il rigetto, da parte del Gip, in funzione di giudice dell’esecuzione, dell’opposizione contro il provvedimento che aveva accolto parzialmente l’istanza di riduzione di un sesto della pena irrogata dal Gup senza estenderla dunque anche alle condanne per i reati in continuazione esterna (30 anni) divenuti definitivi prima dell’entrata in vigore della norma. Secondo l’imputato invece la riduzione doveva applicarsi all’intera pena, in quanto la continuazione rende le condanne unitarie.

La Prima sezione penale ha, invece, chiarito che il beneficio dell’ulteriore riduzione di un sesto, previsto, dall’art. 442, co. 2- bis, Cpp, inserito dall’art. 24, co. 1, lett. c), Dlgs 10 ottobre 2022, n. 150, “si applica in presenza della condizione processuale costituita dalla irrevocabilità della sentenza per mancata impugnazione che, in quanto soggetta al principio del “tempus regit actum”, è ravvisabile solamente rispetto a sentenze di primo grado divenute irrevocabili dopo l’entrata in vigore del citato d.lgs. n. 150 del 2022, pur se pronunciate antecedentemente”.

Infatti, prosegue la Corte, solo nella ipotesi di “coesistenza” della norma di favore e del presupposto processuale (la scelta di non impugnare) vengono salvaguardati, al contempo:

a) l’effetto deflattivo perseguito voluto dalla Cartabia;

b) la logica sinallagmatica correlata al meccanismo premiale contemplato;

c) il rispetto del principio del “tempus regit actum”, relativo alle questioni processuali;

d) la volontà dell’effetto premiale in capo al soggetto richiedente;

e) il rispetto dei principi di eguaglianza e responsabilità penale;

f) la conseguente giustificazione del trattamento sanzionatorio difforme, posto che a situazioni diverse si applicano discipline diverse.

La rinuncia all’impugnazione della sentenza di condanna, dalla quale dipende la riduzione di un sesto della pena, chiarisce la Corte, integra un sacrificio diverso e ulteriore rispetto alla rinuncia alle garanzie del dibattimento, che è già “compensata” dalla riduzione della metà o di un terzo prevista dal comma 2 dell’art. 442 cod. proc. pen.

Riguardo alla questione della continuazione, la sentenza ritiene utile rammentare che le Sez. U, n. 35852 del 22/02/2018 hanno affermato che «L’applicazione della continuazione tra reati giudicati con il rito ordinario e altri giudicati con il rito abbreviato comporta che soltanto nei confronti di questi ultimi - siano essi reati cd. satellite ovvero reati che integrino la violazione più grave - deve essere applicata la riduzione di un terzo della pena, a norma dell’art. 442, comma secondo, cod. proc. pen.»

Una simile ricostruzione interpretativa, porta dunque ad escludere l’applicabilità del meccanismo premiale ulteriore al ricorrente. Nel caso specifico, infatti, l’ordinanza impugnata ha confermato il provvedimento opposto che aveva riconosciuto il beneficio della riduzione del sesto per la sola porzione di pena (4 anni di reclusione) inflitta per i reati giudicati da tale sentenza e non, come invece richiesto, in relazione alla pena complessiva (anni 30 di reclusione) applicata a seguito del riconoscimento della continuazione esterna con i fatti che hanno portato alla condanna in altre sentenze.

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