Penale

Carcere duro non esclude colloquio straordinario con familiare anch’egli sottoposto al 41 bis

Non si tratta di presupposto o condizione di benefici penitenziari o di ammissione generale al regime dei colloqui, infatti nella vicenda la breve telefonata tra due fratelli era stata sottoposta a prescrizioni compreso l’ascolto diretto

di Paola Rossi

La Cassazione penale - con la sentenza n. 38956/225 - ha respinto il ricorso del ministero della Giustizia contro l’ammissione di un detenuto sottoposto al carcere duro per reati di associazione di stampo mafioso a svolgere un colloquio telefonico con suo fratello, anch’egli ristretto in base al regime speciale dell’articolo 41 bis dell’Ordinamento penitenziario.

In primis, la Cassazione ha smentito la tesi secondo cui una tale interlocuzione tra detenuti ex 41 bis sarebbe in radice vietata. Poiché in assenza di uno specifico divieto normativo, il diritto del detenuto di coltivare l’affettività familiare mediante colloqui finanche visivi può essere riconosciuto anche quando il familiare è sottoposto al medesimo regime speciale.

La richiesta aveva a oggetto un unico colloquio telefonico di brevissima durata da svolgersi con le modalità previste dalla circolare del Dap 2 0ttobre 2017 n. 3676/6126 con le opportune prescrizioni, tra le quali l’ascolto diretto della conversazione. Ciò che in effetti era avvenuto. Infatti, il ricorso introdotto dal Ministero era tra l’altro carente di interesse in quanto la telefonata era stata non solo concessa, ma anche già effettuata al momento della trattazione del ricorso per cassazione.

La Cassazione chiarisce comunque che l’autorizzazione e quindi la decisione del provvedimento del Tribunale di sorveglianza impugnato, si riferivano a un colloquio “straordinario” che non integra un presupposto o una condizione di accesso a benefici penitenziari (come, ad esempio, il permesso premio che si inserisce nella progressione trattamentale del detenuto) né comporta un’ammissione generale al regime dei colloqui.

La decisione della Suprema corte ha quindi affermato che il Tribunale ha correttamente applicato la giurisprudenza di legittimità in ordine alla possibilità di autorizzare “in casi eccezionali” un detenuto sottoposto al regime speciale del 41 bis a intrattenere colloqui telefonici o visivi con un familiare sottoposto al medesimo regime detentivo.

Il principio generale condiviso dai precedenti di legittimità in materia è stato quello di affermare che «il detenuto sottoposto a regime differenziato, ai sensi dell’art. 41 bis ord. pen., può essere autorizzato ad avere colloqui visivi con i familiari - in situazioni di impossibilità o, comunque, di gravissima difficoltà ad effettuare i colloqui in presenza - mediante forme di comunicazione audiovisiva controllabili a distanza, secondo modalità esecutive idonee ad assicurare il rispetto delle cautele imposte dal citato art. 41 bis».

Val la pena in conclusione riportare i due orientamenti espressi dalla Cassazione e riportati nella decisione in esame.

1) Secondo l’indirizzo maggioritario il principio che si deve applicare è quello per cui “la sottoposizione al regime carcerario differenziato di un detenuto non esclude, in via di principio, che lo stesso possa essere autorizzato ad avere colloqui, anche visivi, con altro detenuto sottoposto al regime dell’art. 41 bis ord. pen. legato a questo da rapporti genitoriali o familiari, mediante forme di comunicazione controllabili a distanza (come la videoconferenza), tali da consentire la coltivazione della relazione parentale e, allo stesso tempo, da impedire il compimento di comportamenti fra presenti, idonei a generare pericolo per la sicurezza interna dell’istituto o per quella pubblica”.

2) Mentre la sezione I della Cassazione penale con la sentenza n. 29007/2021 ha affermato che nel caso in cui entrambi i soggetti siano sottoposti a regime differenziato, il principio generale, pure condiviso, “non può trovare applicazione nei casi in cui il colloquio — che si chiede di attuare — avviene con altro soggetto, al pari ristretto nella medesima forma”.

Con l’odierna sentenza viene ricordato che questa isolata interpretazione restrittiva non può essere condivisa. In assenza di uno specifico divieto normativo, e anche considerata l’evoluzione tecnologica per cui gli attuali sistemi di comunicazione danno adeguate garanzie di controllo la pressoché unanime giurisprudenza sul punto ha correttamente individuato il punto di

equilibrio tra le esigenze di sicurezza dell’ordinamento e il rispetto dei diritti costituzionalmente e convenzionalmente protetti del detenuto formulando lo specifico principio di diritto per cui «in tema di regime penitenziario differenziato di cui all’art. 41-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, il diritto di coltivare, mediante colloqui visivi, l’affettività familiare inerisce al nucleo essenziale dei diritti del detenuto, sicché può essere riconosciuto pur quando il familiare che si vuole incontrare è, anch’egli, sottoposto al regime speciale, dovendosi tuttavia operare un giudizio di bilanciamento, in concreto, tra le esigenze di affettività del soggetto ristretto e quelle di sicurezza pubblica, le quali, laddove ritenute prevalenti, non consentono di soddisfare tale diritto, nemmeno con l’impiego di strumenti audiovisivi».

In conclusione, il colloquio sarà legittimamente effettuabile solo se la valutazione della magistratura di sorveglianza trova il punto d’equilibrio tra esigenze individuali e di sicurezza pubblica.

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