Concordato minore, proposta inammissibile se non rispetta le prelazioni
Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 28574 depositata oggi, affermando un principio di diritto
La proposta di concordato minore non può derogare all’ordine di prelazione dei creditori; in caso contrario il giudice deve dichiararne l’inammissibilità sin dalla fase di ammissione, al di là delle ipotesi tassative previste dall’articolo 77 del CCII. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 28574 depositata oggi, rigettando il ricorso del debitore.
Il caso era quello di un professionista che aveva presentato una proposta di concordato minore per far fronte al proprio stato di sovraindebitamento (ex art. 2, comma 1, lett. c) CCII) per complessivi 812mila euro. Il piano prevedeva il pagamento integrale del debito ipotecario di 94mila euro e il pagamento in misura del 5% di tutti gli altri debiti, sia privilegiati (Entrate, Inps e Inail), sia chirografari, in 60 rate mensili.
Il Tribunale di Roma dichiarò inammissibile la proposta. La Corte d’appello ha confermato il verdetto affermando che il “contenuto libero” della proposta di concordato minore stabilito dall’art. 74 CCII non consente la deroga della par condicio creditorum e dell’ordine delle cause legittime di prelazione ex art. 2741 c.c.. Un assunto che trova conferma nell’art. 75, comma 2, CCII, che consente la soddisfazione non integrale dei creditori prelatizi “solo a determinate condizioni, nel caso di specie però non rispettate, poiché tutti i creditori privilegiati diversi dall’ipotecario subiscono una falcidia del 95%”. Dal ricavato della vendita dell’immobile (165.600 euro), decurtato dell’intero credito ipotecario (94.243), invece, residuerebbero 71.357 € da destinare immediatamente ai crediti privilegiati, garantendo così un soddisfacimento del 10% (crediti privilegiati erariali per 697mila euro); e non nella minore misura del 5% prevista dal piano, peraltro in un orizzonte temporale di 60 mensilità.
Per la Prima sezione civile, che ha bocciato entrambi i motivi di ricorso prestanti, “è indubitabile che esula completamente dal paradigma concordatario una proposta che, come quella per cui è causa, parifichi nel trattamento i creditori privilegiati e chirografari, in assenza di una norma che espressamente lo consenta”. Non può infatti di certo essere considerato tale l’art. 74, co. 3 Ccii, “laddove prevede(va) la libertà di contenuto della proposta di concordato minore – cosa ben diversa dalla libertà di trattamento dei creditori – come poi il decreto correttivo del 2024 ha inteso chiarire, espungendo l’ambiguo riferimento al ‘contenuto libero’ e lasciando in essere solo la possibilità di «soddisfacimento anche parziale dei crediti attraverso qualsiasi forma»
In definitiva la Suprema corte ha formulato il seguente principio di diritto: “La proposta di concordato minore deve rispettare gli articoli 2740 e 2741 del codice civile nonché la graduazione delle cause legittime di prelazione, per come disciplinati nel concordato preventivo dagli artt. 84 e 112 CCII, in forza e nei limiti del rinvio contenuto nell’art. 74, comma 4, CCII; ne consegue che il mancato rispetto delle relative regole legali di trattamento dei creditori costituisce causa di inammissibilità della proposta, rilevabile dal giudice anche d’ufficio e senza dover attendere l’apertura del giudizio di omologazione, in ossequio ai principi di economia dei giudizi e di sollecita definizione delle procedure, a ciò non ostando la tassatività delle ipotesi di inammissibilità della domanda di concordato minore, ai sensi dell’art. 77 CCII.”






